Cremona, 1 aprile 2014 - È un uomo completamente libero. Con un desiderio su tutti: raggiungere il Sangiaccato, la regione fra Serbia e Montenegro dove lo attende la famiglia. Il tribunale del riesame di Brescia ha accolto in pieno l’istanza del difensore Luca Curatti e tolto sia il divieto di espatrio sia l’obbligo di firma in questura tre giorni la settimana. Almir Gegic, coinvolto nella storiaccia del calcioscomesse come esponente del gruppo degli “zingari”, si prepara a lasciare Cremona.

Quando partirà?

«Non so so ancora. A giorni. Il tempo di sistemare tutto».

Non pensa di tornare a giocare nel Rancate, in Canton Ticino?

«Devo parlarne. Mi sono sentito col presidente. Ho 34 anni e 15 di professionismo. Non mi sento di andare in pensione. L’amore per il calcio è quello di sempre».

In tutto questo tempo lei è stato descritto e considerato un uomo di punta degli “zingari”.

«A Cremona ho avuto tanti interrogatori, col giudice, col procuratore. Su questo non vorrei esprimermi. So che mi aspetta un processo. Si vedrà».

Allora come definisce la sua figura?

«Quella di uno che aveva il vizio del gioco. Mi hanno definito il ‘capo’: una definizione che assolutamente non mi riguarda. Così come vorrei precisare che non ero latitante. A novembre del 2011,
mentre giocavo col Rancate, sono andato in vacanza nel mio paese. A dicembre mi hanno messo dietro
l’Interpol. Non potevo tornare subito in Italia. Una storia lunga. Quando sono rientrato ho letto delle cose incredibili sul mio conto. Cose inventate da Gervasoni (Carlo Gervasoni, ex difensore del Piacenza, uno dei pentiti dell’inchiesta cremonese. NdR)».

Perché Gervasoni avrebbe inventato le sue accuse?

«Dico solo questo. Il 18 marzo del 2013 abbiamo fatto il confronto. E sono uscite cose differenti, cose non coincidenti, con quelle di Gervasoni».

Accuse che le sono costate una lunga detenzione.

«Sono rimasto in carcere per 140 giorni e per 45 agli arresti domiciliari, più dieci mesi con l’obbligo di firma. Neanche fossi un criminale. Ringrazio l’avvocati Curatti, l’ho preso da poco, è stato bravissimo. I dieci mesi con l’obbligo di firma sono stati duri, senza lavoro, senza permesso di soggiorno. Un giorno sono stato fermato dalla polizia a Piacenza. Mi hanno tenuto per tre ore. Non avevo il passaporto che mi era stato ritirato. Per fortuna la polizia di Cremona mi ha aiutato a chiarire».

Lei ammette una cosa: le scommesse.

«Scommettevo. Ma con soldi miei. Non ho rubato, non ho rapinato. Scommettevo come scommettono
tanti».

Signor Gegic, ha corrotto dei calciatori?

«Lo vedremo al processo. Vedo il processo come una cosa positiva».

Il suo futuro?

«Vedremo. La famiglia prima di tutto. Il resto è nelle mani di Dio. Vedremo cosa si definirà dopo tutto questo tempo. Ho fatto il carcere anche per quelli che ne hanno fatto poco. Mi chiedo perché. Forse perché sono straniero. Forse perché mi chiedevano delle cose che non sapevo».

«Gegic - dice l’avvocato Curatti - è libero e può riprendere un percorso familiare e di lavoro. Attendiamo la conclusione delle indagini preliminari per conoscere i capi d’imputazione. L’interesse di Gegic è quello di chiarire completamentre la sua posizione».