Caso Arianna Zardi, 4 reperti dal ponte dei misteri

All’esame le tracce raccolte col Luminol e i Dna di una trentina di amici

I periti Elena Pilli e Andrea Verzelletti

I periti Elena Pilli e Andrea Verzelletti

Casalmaggiore, 19 ottobre 2016 - Il ponte dei misteri “parlerà”, a distanza di tanti, forse troppi anni? Lo diranno i reperti prelevati ieri dalle pareti della chiusa dove, il 30 settembre del 2001, Arianna Zardi visse gli ultimi drammatici istanti di una vita durata solo venticinque anni. Disgrazia o suicidio secondo i primi accertamenti. Omicidio per la procura di Cremona e la famiglia della ragazza di Casalbellotto, frazione di Casalmaggiore, studentessa di teologia a Brescia.

Mattinata di nebbia. Sul posto, lungo l’argine che collega Motta Baluffi a Torricella del Pizzo, uomini dell’esercito, esperti delle parti, agenti della squadra mobile con il dirigente Nicola Lelario. Attorno alle 9 i militari del 10° Reggimento Guastatori di Cremona stendono quattro tendoni mimetici dal piccolo ponte di Torricella. Lì Arianna iniziò il suo tragico volo da un’altezza di circa cinque metri, terminato sul greto di un canale d’irrigazione, in quei giorni asciutto. Viene così realizzata una sorta di camera oscura per isolare il ponticello e il punto dove venne rinvenuto il corpo della studentessa. E’ il momento dei consulenti scientifici, Andrea Verzelletti, medico legale di Brescia con una biologa del team, nominato dal procuratore Roberto di Martino, ed Elena Pilli, del Dipartimento di biologia evoluzionistica dell’Università di Firenze. Vengono impiegati le speciali lampade Crimescope per individuare eventuali tracce biologiche e il Luminol, il composto chimico che segnala la presenza di sangue. Da alcuni punti delle pareti arrivano delle risposte. Si procede con i tamponi. Dalla parete destra vengono prelevati tre reperti, uno è circoscritto in quella da sinistra. Le operazioni terminano dopo due ore. Le analisi dovranno dire ora se si tratta di sangue o di qualche traccia della morta. Impresa assai ardua a distanza di quindici anni e dopo che il canale che per due giorni fu la tomba di Arianna si è riempito periodicamente d’acqua fino a un’altezza di un metro e mezzo per poi svuotarsi. Quelle che parevano tracce ematiche erano state osservate già all’epoca sulle pareti della chiusa, senza che fossero analizzate.

Attesa. Qualche sommessa speranza. Sara, la sorella di Arianna, non ha mai smesso di credere all’omicidio: «Mi rendo conto che è passato tanto tempo e che sarà difficile arrivare alla verità. Le indagini degli ultimi mesi e il lavoro fatto questa mattina sono già una vittoria. Sono molto orgogliosa di questo lavoro. Adesso attendo notizie». «La famiglia - conferma Giovanni Bertoletti, legale degli Zardi - si sente confortata. Cerchiamo di metterci alle spalle questi quindici anni». Un’altra indagine prosegue in parallelo: il controllo dei Dna di una trentina di amici e conoscenti di Arianna. Un accertamento che ha un preciso punto d’inizio, quando il consulente della procura Claudio Bellino aveva isolato sugli slip della Zardi «un assetto genotipico complesso, misto tra la vittima e un soggetto di sesso maschile». Prima di morire Ariana Zardi aveva avuto un rapporto con qualcuno.