Crema, stupro di gruppo: condanna esemplare

Il pm aveva chiesto di condannare i tre imputati a cinque anni e quattro mesi, ma il giudice ha voluto essere più severa nel punire

INCUBO La violenza si consumò nei capannoni dismessi dell’ex Everest

INCUBO La violenza si consumò nei capannoni dismessi dell’ex Everest

Crema, 19 luglio 2018 - Il pm Lisa Saccaro aveva chiesto di condannare i tre imputati a cinque anni e quattro mesi, ma il giudice Elisa Mombelli ha voluto essere più severa nel punire una violenza sessuale di gruppo. E ha condannato i tre imputati a sei anni di reclusione e a pagare 40mila euro di risarcimento alla vittima. Non soddisfatto l’avvocato Fabio Galli, che ha ribadito ancora una volta che la ragazza si era inventata tutto per vendetta nei confronti del fidanzato che la voleva lasciare. «Impossibile - dice il legale - che i tre abbiano usato violenza alla giovane in così pochi minuti, viste le telefonate intercorse. Comunque sono curioso di leggere le motivazioni della sentenza, contro la quale mi appellerò». Al momento, i due marocchini condannati, che hanno 53 e 50 anni, sono in galera a Pavia, mentre l’italiano, che ha 37 anni, è agli arresti domiciliari.

Il fatto risale a maggio dello scorso anno. Una ventenne incontra il suo fidanzato. Ha deciso di andare a vivere con lui, anche se non ha ancora una casa dove abitare. I due sembra che litighino proprio per questo motivo, poi vanno nei fatiscenti capannoni dell’ex Everest dove la ragazza lascia la sua borsa, si portano in un bar dove non pagano le consumazioni e sono fermati dalla polizia e infine, quando possono andarsene, tornano ai capannoni. Solo le 16.30 e tutto si svolge in un breve lasso di tempo. Secondo il racconto reso in aula, alla ragazza viene dato del vino fino a stordirla. A questo punto entrano in scena i due marocchini e a turno queste tre persone, tenendo ferma la ventenne, la violentano. Lei torna a casa alle 17.45 e racconta della violenza, mostrando i lividi a un braccio e avvertendo il Cps (centro psico sociale) dal quale era seguita, di quanto accaduto.

«Non ci siamo con i tempi - ribadisce l’avvocato Galli - perché i due sono stati fermati dalla polizia alle 16.15 e poi rilasciati. Dai tabulati telefonici risulta che uno dei due stranieri ha chiamato alle 16.27 senza avere risposta l’italiano, richiamato alle 16.32 con una conversazione di 31 secondi e poi di nuovo alle 16.40. In questo breve lasso di tempo la ragazza è stata fatta bere, spogliata, violentata, rivestita e messa fuori? Impossibile». Tuttavia, la replica del pm è stata che non c’è la certezza che il cellulare fosse in uso esclusivo dello straniero e quindi le telefonate avrebbe potuto inoltrarle qualcun altro. Alla fine, dopo alcuni giorni di riflessione, la giudice ha deciso di credere alla ragazza.