Manager di Soncino ucciso in Turchia, inchiesta arenata

L’allarme del padre a un anno dalla misteriosa fine: "Impossibile ottenere perfino la traduzione dell’autopsia"

Fiori

Fiori

Soncino (Cremona), 16 aprile 2019 - «Non so se essere arrabbiato o sconsolato. Forse sono più deluso». Allarga le braccia Eligio Fiori, padre di Alessandro, il manager di Soncino morto lo scorso anno a marzo a Istanbul. Sulla sua fine si sta cercando, con gran fatica e fin qui con nessun risultato, di far luce. Si indaga per omicidio. L’ultimo atto di una lunga e triste saga riguarda l’autopsia. Che aggiunge mistero al mistero. L’esame medico sui resti venne eseguito il 30 marzo del 2018, all’indomani del ritrovamento del corpo del manager in riva al Bosforo, a Istanbul. I risultati dell’autopsia vennero depositati il 30 maggio, nei tempi previsti dalla legge turca. Ma da lì è cominciato uno strano valzer. Cambio di magistrati, il titolare avvicendato a luglio, il sostituto in carica fino a ottobre e il nuovo che ha preso in mano la vicenda solo lo scorso dicembre, all’indomani dell’insediamento. Poi il rimpallo di opinioni sull’esame autoptico, perché sin dal primo rapporto appariva chiaro che Fiori fosse stato ammazzato con un colpo di spranga in testa. Richieste varie che hanno fatto andare avanti e indietro i risultati fino al definitivo deposito di fine novembre.

Da quel momento è apparso chiaro che la magistratura turca non avrebbe più potuto tirarsi indietro. Se la prima ipotesi di indagine parlava solo di furto di portafogli e cellulare, successivamente è apparso chiaro che si sarebbe dovuto aprire un fascicolo per l’ipotesi di omicidio nei confronti di ignoti. Questo ha fatto la Procura turca. Una volta depositato definitivamente l’esito dell’autopsia, e quando i risultati sono trapelati e arrivati all’avvocato turco della famiglia Fiori, al consolato italiano di Istanbul e alla Procura di Roma, in Italia ci si è mossi per ottenere la traduzione dell’esame nella nostra lingua. Qui sono cominciati nuovi tira e molla, perché i tempi si sono dilatati a dismisura.

«A metà marzo abbiamo chiesto notizie al consolato italiano in Turchia in merito alla traduzione – continua Fiori – e abbiamo ottenuto rassicurazioni: l’esame sarebbe arrivato a breve in consolato, che lo avrebbe poi passato alla Procura di Roma, competente per il caso. Abbiamo fatto passare ancora un paio di settimane e a fine mese abbiamo di nuovo sentito il nostro consolato in Turchia, che però non ha accennato alla traduzione». Anche perché quasi cinque mesi per avere questo importante elemento sembrano davvero eccessivi. E c’è anche da sottolineare una circostanza: la procura turca dovrebbe provvedere a trasmettere l’atto in lingua originale. Sarà poi compito del consolato redigerlo in italiano. Ma se l’atto non viene trasmesso… «Pensiamo che ci sia ben poco da fare – chiude il padre di Alessandro –. È passato troppo tempo, e anche la task force che la Procura turca ha messo in campo non penso possa avere successo. Dove potrà mai andare a prendere i responsabili a oltre un anno dall’episodio? Non sappiamo neppure se abbiamo rintracciato il primo sospettato di tutto questo, cioè il tassista che ha derubato Alessandro appena arrivato a Istanbul. Figurarsi se si pensa di arrivare agli assassini». Sono passati 400 giorni dalla scomparsa di Alessandro Fiori, ma tutto è ancora avvolto nella nebbia del mistero.