Tamoil, un solo colpevole per il disastro ambientale a Cremona

La Cassazione conferma la condanna del responsabile della raffineria

La ex raffineria Tamoil

La ex raffineria Tamoil

Cremona, 27 settembre 2018 - La Cassazione ha messo il sigillo finale: a Cremona c’è stato negli anni un disastro ambientale provocato dalla raffineria Tamoil, oggi dismessa. La Suprema Corte ha confermato la sentenza uscita il 20 giugno 2016 dalla Corte d’appello di Brescia con la condanna per disastro ambientale colposo aggravato (pena sospesa) del manager Enrico Gilberti, l’ad preposto alla gestione della raffineria, e ribadito l’assoluzione per tutti gli altri imputati: Giuliano Guerrino Billi, Mohamed Sahed Abulahia, Pierluigi Colombo e Ness Yammine (l’unico ad essere stato assolto già nel primo giudizio).

Gli “ermellini” romani hanno respinto sia il ricorso di Gilberti sia quello della Procura generale bresciana che chiedeva la condanna di Gilberti e degli altri quattro manager per i più gravi reati di avvelenamento delle acque e disastro ambientale doloso. Confermatii risarcimenti riconosciuti in primo grado per il Comune (provvisionale di un milione di euro), il Dopolavoro ferroviario, alcuni soci delle canottieri Bissolati e Flora, Legambiente. La sintesi della vicenda giudiziaria è quella che vi fu inquinamento da idrocarburi della falda acquifera e dei terreni sottostanti la Tamoil, le due società canottieri e il Dopolavoro ferroviario, ma fu di carattere colposo.

È il 2001 quando la raffineria Tamoil si autodenuncia come sito inquinato, ammettendo che i terreni sono intrisi di idrocarburi a causa della rete fognaria ogni giorno sotto l’attacco di sostanze altamente corrosive. Ma devono trascorrere altri tre anni prima che, nell’ottobre del 2004, la raffineria, scrivono i giudici dell’Appello bresciano, «decida finalmente di eseguire le necessarie video-ispezioni».  Un «grave e ingiustificato ritardo». Un «notevole ritardo», che «rallentò le decontaminazione, aggravandone le conseguenze dannose», dal momento che nella falda acquifera «continuarono a finire sostanze altamente pericolose per la salute nonché addirittura per l’incolumità umana». Benzene, soprattutto. L'inquinamneto supera l’area della Tamoil e interessa due pozzi e due piscine della canottieri Bissolati, un pozzo e una piscina della canottieri Flora, una piscina del Dopolavoro ferroviario, con «migliaia di persone potenzialmente esposte al rischio di contrarre malattie cancerogene, quanto meno da inalazione». Per questo la sentenza di Brescia censura la provata «condotta reticente» di Tamoil, «sia non informando gli enti, sia omettendo di comunicare tempestivamente gli esiti delle video-ispezioni e le successive attività di risanamento delle tubazioni fognarie, sia riferendo falsamente al ministero dell’Ambiente di disporre di una rete fognaria completa ed efficiente».