"Lo dice il Vecchio Testamento": il prete violentatore con l’inganno

Cremona, le motivazioni della condanna di “don Mercedes”

Don Mauro Inzoli

Don Mauro Inzoli

Cremona, 25 novembre 2016 - Ricorreva persino a citazioni dalla Bibbia, del Vecchio Testamento, per piegare i ragazzi e assoggettarli alle sue avances. Una pratica allucinante ricostruita nelle motivazioni della sentenza con cui il gup di Cremona, Letizia Platè, ha condannato a quattro anni e nove mesi di reclusione don Mauro Inzoli. Don Inzoli, 66 anni, per un trentennio leader carismatico di Comunione e Liberazione, fondatore e presidente del Banco alimentare di Crema, animatore della onlus cremasca “Fraternità” è stato riconosciuto colpevole di abusi sessuali su cinque ragazzini, all’epoca minorenni, il più piccolo di 12 anni, il più giovane di 16, commessi fra il 2004 e i 2008 nell’ufficio in cui teneva gli esercizi spirituali per il suo gruppo giovanile e anche nella casa-vacanza dove Cl portava i ragazzi per la villeggiatura.

Baci, abbracci, carezze e altro ancora. E’ stato uno di questi, per cinque anni vittima di attenzioni sessuali, a raccontare che “Don Mercedes” (soprannome legato alla predilezione del prete per le auto di lusso, abbinata a quelle per i sigari di marca e per le frequentazioni con politici altolocati) aveva citato un brano dell’Antico Testamento in cui si faceva riferimento a un rituale ebraico praticato da Abramo sul figlio Isacco. A un altro il gesto intimo venne spiegato come un rituale ebraico come segno dell’affetto del padre verso il figlio. Con un’altra giovane vittima Don Inzoli giustificò il suo atteggiamento come una vecchia usanza dell’ebraismo praticata dal genitore per trasmettere al figlio il suo sapere e la sua conoscenza.

Figura prestigiosa, all’epoca anche rettore del liceo linguistico Shakespeare e parroco della chiesa della Santissima Trinità di Crema, don Inzoli ha abusato dell’autorità che gli veniva dalla sua posizione, definita dal giudice «molto nota e carismatica». Uno dei ragazzi ha parlato di “sottomissione spirituale fortissima”, per cui “si faceva molta fatica a sottrarsi a questa sorte di legame morboso che si era creato”. Una reverenza che arrivava al prete non solo dai giovani ma anche dalle loro famiglie. Per quanto sconvolto, un ragazzo era stato incapace di reagire e di parlane con i genitori che consideravano don Mauro “una specie di idolo meritevole di venerazione”. La rivelazione sarebbe stata per loro “una cosa devastante”.