Calcioscommesse, prescrizione per 26 imputati su 31: la Giustizia ha fallito

Estinta l’accusa di partecipazione ad associazione per delinquere per ex calciatori. Il giudice Salvini: "Ma non tutto è stato inutile"

Cristiano Doni

Cristiano Doni

Cremona, 29 luglio 2019 - Sentenza di prescrizione per 26 imputati su 31 dell’inchiesta sul calcioscommesse partita dalla procura di Cremona. Lo ha deciso il tribunale di Bologna. Estinta l’accusa di partecipazione ad associazione per delinquere per ex calciatori, nomi squillanti come Cristiano Doni, Stefano Mauri, Sergio Pellissier, Stefano Bettarini. Guido Salvini oggi è giudice per le indagini preliminari di Milano. Nel 2011 è arrivato da poco a Cremona da Milano con il compito di coordinare l’ufficio del gip. Certamente non può aspettarsi di trovarsi di fronte a un’inchiesta come quella del calcioscommesse e di dover firmare decine di ordinanze di custodia. Scopre il mondo, per lui del tutto nuovo, delle partite truccate: il “match fixing”.

Giudice Salvini, cosa pensa di questo epilogo? «Se in otto anni non si riesce ad arrivare nemmeno ad una sentenza di primo grado, c’è qualcosa che non funziona nella giustizia. Del resto, già dopo la fine dell’indagine mi sono accorto che tutto andava a rilento. Il paradosso è che quasi tutti gli imputati che oggi hanno ottenuto la prescrizione erano rei confessi per le condotte di frode loro addebitate e che risulteranno condannati solo quella dozzina di imputati che alla fine dell’indagine avevano scelto il patteggiamento o il rito abbreviato. Visto come sono andate le cose, di certo non lo rifarebbero».

Dopo il pronunciamento dei giudici bolognesi cosa rimane, oggi, dell’inchiesta “Last Bet? «Anzitutto, non dimentichiamo che la Giustizia sportiva, ben più veloce di quella penale, ha inflitto nel 2012 gravi sanzioni disciplinari ai giocatori e alle società che si erano rese responsabili della manipolazione delle partite. Questo, comunque, è stato un forte ammonimento. E la conseguenza è stata che oggi nel mondo del calcio c’è più attenzione alla legalità. Le Federazioni sportive e le squadre, ad esempio, organizzano corsi di educazione alla legalità nello sport per i calciatori, compresi i dilettanti, proprio allo scopo di far capire che il gioco non può diventare uno strumento di arricchimenti illeciti. C’è anche molta più attenzione per le infiltrazioni mafiose nel mondo delle scommesse on line. Quindi, il lavoro fatto a Cremona è stato utile, anche se i dibattimenti, per mille ragioni di proceduta, si sono impantanati».

Com’è nata l’inchiesta? «Posso dire che abbiamo avuto fortuna. Il primo episodio che abbiamo avuto davanti, quello famoso del tranquillante versato nelle bottigliette d’acqua dei giocatori della Cremonese nell’intervallo della partita con la Paganese, in un primo tempo ci era sembrato uno scherzo da spogliatoio. Invece, ci ha consentito di contestare dall’inizio il reato di avvelenamento, che è punito con pene molto pesanti, fino a 15 anni. L’avvelenamento consente di fare le intercettazioni. Senza di esse non avremmo mai saputo nulla. Nel giro di poche settimane è saltata fuori una vera e propria associazione per delinquere molto ramificata».

Quali sono stati i nuovi scenari, i nuovi meccanismi, i nuovi personaggi portati alla luce dall’inchiesta? «È emerso il fenomeno del finanziamento delle scommesse illecite e della vendita dei risultati truccati, soprattutto a Singapore. Questo attraverso l’invio di uomini dell’organizzazione in Italia, provenienti dal alcuni paesi dell’est-europeo, con il compito di agganciare e pagare i compensi ai calciatori. A loro volta, anche questi agenti operativi dell’organizzazione, quelli che sono stati chiamati gli Zingari, dopo avere combinato la partita, davano disposizioni ai loro referenti in Croazia, Slovenia, Ungheria, Bosnia per far giocare, a loro volta, i loro ‘clienti’ sul risultato sicuro. In questo modo, ogni singola partita truccata finiva per diffondere i suoi effetti in tanti Stati e su una miriade di siti esteri. Gli Zingari avevano fatto il rito abbreviato e almeno loro sono stati condannati».

Ritiene che “Last Bet” abbia debellato, almeno a certi livelli, il fenomeno delle partite truccate e delle scommesse illecite? «No. Lo ha solo, per così dire, sterilizzato per qualche tempo. I giudici non possono eliminare il fenomeno, come del resto non possono eliminare, da soli, tutti gli illeciti di grandi dimensioni sui quali intervengono. Possono solo contenerli e segnalarli. Rimango convinto che sia necessaria un’autoriforma nel mondo dello sport, per trovare gli antidoti nel lungo periodo. Così come in altri mondi, la politica, le istituzioni, la società civile, per prevenire i fenomeni di corruzione amministrativa e le infiltrazioni mafiose nella società».