Manager di Soncino ucciso in Turchia, "ritardi sospetti"

Rinviati ancora i risultati dell’autopsia sul manager trovato morto a Istanbul il 28 marzo. Il padre: le autorità turche si prendono altri 9 mesi

Alessandro Fiori in un frame che lo ritrae a Istanbul

Alessandro Fiori in un frame che lo ritrae a Istanbul

Soncino (Cremona), 3 giugno 2018 - «Siamo in contatto con il console e con la procura di Roma e aspettiamo gli esiti dell’autopsia, anche se le notizie che ci arrivano non sono proprio positive». Parla Eligio Fiori, padre di Alessandro, il manager scomparso a Istanbul il 12 marzo scorso e ritrovato cadavere sulle rive del Bosforo il 28 marzo. A settanta giorni dalla morte del giovane soncinese le notizie sono scarse, ma la famiglia non molla e continua a chiedere che le ricerche vadano avanti. A breve dovrebbero esserci i risultati delle autopsie, ma il padre ha saputo recentemente che la Turchia ha procrastinato di molto la consegna dei risultati. «Ci hanno fatto sapere che serviranno come minimo nove mesi. È palese il tentativo di aspettare che sia l’autopsia italiana a togliere le castagne dal fuoco e poi loro diranno quel che conviene».

Come va l’inchiesta della procura di Roma, che ha aperto un fascicolo per omicidio contro ignoti?

«In questi due mesi l’attività investigativa è continuata. A Soncino sono venuti due volte due vice commissari per parlarmi e chiedermi di mio figlio. Hanno anche ascoltato i suoi amici per cercare particolari sin qui sfuggiti. So che sono andati anche dalla persona che ha fatto il viaggio da Malpensa a Istanbul».

Questa persona ha parlato di un secondo cellulare.

«Sì, l’abbiamo cercato dappertutto, ma senza trovare alcuna traccia».

Alessandro potrebbe averlo comprato in aeroporto.

«L’abbiamo pensato anche noi. Ma non c’è traccia di questo acquisto sulla carta di credito e all’aeroporto Alessandro ha prelevo 200 euro, acquistato tre libri e un settimanale di enigmistica. Non penso abbia comprato un cellulare utilizzando i contanti».

Torniamo in Turchia. L’ospedale dice di aver visto Alessandro. Ne avete le prove?

«No, ma le testimonianze delle infermiere sembrano concordare».

E dopo quell’avvistamento, avvenuto giovedì 15?

«Ci sono quelli dell’uomo del te, che ci ha detto che Alessandro gli ha chiesto da bere, ma che non aveva soldi per pagare. E poi quelle di un chiosco che si chiama Il buffet. Il gestore ci ha raccontato che Alessandro si è fermato lì e ha chiesto a un paio di clienti se potevano pagargli del cibo perché aveva fame ma non aveva soldi».

E queste testimonianze a quando risalgono?

«A noi sono state riferite lunedì 19 e martedì 20. Facevano capo al sabato precedente (17 marzo, ndr), tutte nel quartiere di Santa Sofia, che ha una strada che porta proprio nella zona dove poi è stato trovato morto».

Con chi siete in contatto a Istanbul?

«Parliamo con Gabriele Ingrosso, della segreteria del consolato, che ci tiene informati, anche se di novità non ce ne sono. L’importante è non allentare la presa».

E la Farnesina?

«Non abbiamo contatti diretti».

Avete notizie sui tempi dei risultati dell’autopsia italiana?

«Pensavo che sarebbero arrivati a breve, ma pare che i periti chiederanno una proroga. Non so cosa dire».