di Gabriele Moroni

Cremona, 20 ottobre 2012 - «I figli sono una felicità. Mi hanno arrestato e strappato la vita». Maurizio Iori, 50 anni, ex primario di oculistica a Crema, è davanti alla Corte d’Assise di Cremona che lo giudica per l’omicidio della ex compagna e della bambina di due anni nata dalla loro storia. «Il 21 luglio è successa una cosa pazzesca. Un dolore che non guarirà mai. È stato scritto un fiume parole, ma nessuno si è mai occupato di cosa potessi provare io. I figli sono una felicità, il senso della vita. Mi hanno arrestato e strappato la vita. È stato peggio della morte e non avrei mai pensato di vivere questo. La tua professionalità e la tua vita che svaniscono così». Conclude con un appello: «Vi prego di tenere in considerazione il mio dolore».

L’accusa è tremenda. La sera del 20 luglio di un anno fa Iori avrebbe prima narcotizzato Claudia Ornesi, 44 anni, e la piccola Livia con il tranquillante Xanax occultato in una cena di sushi per poi aprire quattro bombole di gas butano e asfissiarle. Per gli avvocati di parte civile Marco Severgnini e Eleonora Pagliari si è trattato di una «deliberata scelta di uccidere, frutto di un movente specifico e chiaro»: la relazione con la Ornesi, da tenere nascosta soprattutto dopo la nascita di Livia. «Si dipinge — replicano i difensori Cesare Gualazzini e Marco Giusto — Iori come un mostro. Invece ha riconosciuto spontaneamente la figlia, preso in affitto l’appartamento di via Dogali per cui ha versato 400 euro al mese. Non c’era ragione di uccidere nessuno».

«Siamo sempre stati convinti — dice Gianstefano Ornesi, in aula con la moglie e la sorella di Claudia — che nostra figlia non si fosse uccisa. Era in grande confidenza con la madre, si sarebbe aperta con lei». Accanto a Iori la madre e la moglie, Laura Arcaini, che in una pausa si avvicina alla gabbia e conforta il marito con una carezza. All’uscita il medico scoppia in pianto.

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