Quell'attesa spasmodica del 3 dicembre

Ma che succederà davvero alla scadenza del decreto attualmente in vigore?

Milano, 22 novembre 2020 - Èdiventata la data più attesa. Il 3 dicembre è uno dei principali temi di discussione e di domande frequenti. Ma che succederà davvero alla scadenza del decreto attualmente in vigore? Si sa soltanto che la prossima settimana il governo dovrà prepararne un altro per prevedere un generale allentamento delle misure e consentire ad alcune attività di ripartire. Prime fra tutte, quelle commerciali e del comparto della ristorazione. I dubbi sono ancora tantissimi, vista la suddivisione del territorio nazionale in aree rosse, arancioni e gialle. Stando alle attuali regole soltanto queste ultime potrebbero riaprire bar, ristoranti e negozi con una certa libertà di orario. Le rosse e le arancioni resterebbero in piena restrizione. 

Ecco perché il governo starebbe pensando di rivedere questo meccanismo e in particolare di allentare i divieti anche nelle regioni arancioni. Lasciando così forti limitazioni solo in quelle rosse. I famosi 21 parametri in base ai quali si definiscono questi provvedimenti probabilmente resteranno in vigore. Di qui la corsa di tutte le regioni a non finire nella fascia rossa che metterebbe a rischio anche il Natale. La domanda da farsi però è se basteranno le probabili riaperture di dicembre a dare un po’ di ossigeno alle tante categorie di commercianti, artigiani e di piccoli e medi imprenditori che da mesi non riescono neppure a coprire i costi fissi e che stanno lavorando molto poco o per niente. Il nuovo decreto ristori ha previsto altri stanziamenti per scongiurare il rischio di chiusure aziendali.

Qualche segnale positivo si è avuto: Federmoda ha espresso apprezzamento per l’inserimento dei negozi di calzature nell’elenco delle imprese da indennizzare. E chiede però di fare altrettanto anche con i negozi di camicie e maglierie che, pur essendo chiusi, non rientrano ancora tra i beneficiari delle misure. Un terzo decreto, precisava ieri il ministro Roberto Gualtieri, aggiunge 1,5 miliardi di euro al fondo che consente di finanziare in modo automatico le misure di ristori destinate alle categorie costrette a chiudere nelle regioni che cambiano di fascia a causa della recrudescenza del virus. Viste le proteste dei ristoratori e di altri esercenti che lamentano l’insufficienza degli aiuti e la crescente difficoltà di accedere ai prestiti bancari occorre davvero che l’esecutivo si faccia carico della crescente sofferenza economica di migliaia di lavoratori che con ogni probabilità dovranno ancora lavorare a mezzo servizio o continuare a rimanere fermi. E non arrivano buone notizie neppure dall’Europa. Gli annunciati 209 miliardi del Recovery Fund sembrerebbero in pericolo a causa del veto di Stati come Polonia e Ungheria che chiedono di ridiscutere tutto il pacchetto di aiuti. Il governo reagisca subito e si faccia sentire.