Como, la pizzeria Ideale ridotta in cenere: il gestore tra i quattro sotto accusa

Secondo la Procura che ha chiuso le indagini il rogo notturno di settembre è stato certamente doloso

Il sostituto procuratore Maria Isella

Il sostituto procuratore Maria Isella

Dongo (Como) -  La notte tra il 9 e il 10 settembre scorso, un boato aveva svegliato i residenti di via San Lorenzo, a Dongo. Era bastato affacciarsi alle finestre per capire cosa stesse accadendo: la pizzeria Ideale stava andando a fuoco, con fiamme impressionanti, alte diversi metri. I vigili del fuoco avevano lavorato per ore, arrivando fin da subito a una conclusione lapidaria: incendio doloso.

Le quattro taniche che avevano trasportato sostanze combustibili, sopravvissute al rogo e raccolte al termine delle operazioni di spegnimento, avevano fatto partire subito le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Como e della Compagnia di Menaggio. Arrivate ora a conclusione, con la formalizzazione dell’accusa nei confronti di quattro persone ritenute responsabili di quel rogo, con diversi ruoli.

Innanzi tutto M.I., 36 anni, residente a Dongo, gestore del locale; il cognato A.M., 51 anni, di Bibbiano, che avrebbe a sua volta contattato D.A., 49 anni, anche lui di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia; e poi A.D.P., 48enne di Sant’Ilario d’Enza, in Toscana. Secondo il sostituto procuratore di Como Maria Vittoria Isella, i quattro in concorso tra loro, e con un quinto complice non identificato, avrebbero organizzato e messo a segno l’incendio di cui sono accusati. In particolare M.I.. si sarebbe rivolto a suo cognato A.M., che il giorno precedente l’incendio aveva fatto un sopralluogo nel locale e, con il tramite di D.A., avrebbe reclutato A.D.P. e un altro per noleggiare l’auto utilizzata per arrivare a Dongo.

Le indagini hanno avuto un importante punto di partenza: sul luogo del delitto, era stato ritrovato il telefono cellulare di A.D.P.. Da qui i carabinieri avevano svolto accertamenti per ricostruire i contatti avuti nei giorni precedenti, che avevano portato agli altri. Era poi emerso che A.. aveva noleggiato un’auto a Reggio Emilia, ritirata da A.D.P: a quel punto, il viaggio era stato ricostruito tramite i tabulati telefonici e le videoriprese lungo il tragitto.