MILANO  di Simona Ballatore e Nicola Palma Non sono i numeri della Tosca da record del 2019 (2,85 milioni di spettatori per uno share del 15%) e neppure quelli della Madame Butterfly del 2016 (2,6 milioni per uno share del 13,48%), ma alla Rai e alla Scala lo avevano messo in conto. Per quanto sia un capolavoro, il russo Boris Godunov nella versione originaria di Modest Musorgskij non può comunque reggere il confronto con il repertorio pucciniano. E per questo il sovrintendente Dominique Meyer ha parlato di "risultato importante" per commentare i dati della diretta sulla rete ammiraglia della Prima di mercoledì: l’allestimento del regista Kasper Holten e l’esecuzione dell’orchestra diretta dal maestro Riccardo Chailly hanno conquistato 1,495 milioni di spettatori in tv, con uno share del 9,1%.  "Anche quest’anno – ha aggiunto Meyer – la Rai è stata accanto alla Scala per portare in Italia e nel mondo una serata di musica e di cultura". Da qui il ringraziamento "per la convinzione" con cui la televisione di Stato ha proposto lo spettacolo di Sant’Ambrogio, "dimostrando ancora una volta di fornire un servizio pubblico di qualità". Di "grande successo", ha parlato anche l’ad della Rai Carlo Fuortes, che, ironia della sorte, è stato il principale competitor di Meyer per la successione di Pereira e che di recente è stato nuovamente accostato al teatro di via Filodrammatici per il quinquennio 2025-2030 (nonostante sia inviso non da oggi ai sindacati scaligeri, Cgil in testa). Discorsi futuribili. A tenere banco nell’attualità sono ancora i 13 minuti di applausi e, tra gli altri, il successo personale del protagonista Ildar Abdrazakov, alla sesta inaugurazione al Piermarini: "Quando arrivo in città, tutti mi dicono “Welcome home” – scherza il basso che ha vestito e vestirà fino al 29 dicembre i panni dello zar descritto nel dramma di Aleksandr Puskin –. La Scala è un teatro dove mi sento a casa: ho cominciato a lavorare qui più di 20 anni fa, ho lavorato tanto con il maestro Muti, adesso con il maestro Chailly. Sono felice di tornare qui". Ci tornerà a metà marzo per Les Contes d’Hoffmann, ma non è detto che non ci sia posto per lui pure per il Don Carlo di Verdi del prossimo 7 dicembre. Pur evitando domande sulla politica e in particolare sulla guerra tra Russia e Ucraina, Abdrazakov ha chiarito che "la cosa più importante che hanno fatto il maestro Chailly e il sovrintendente Meyer è far capire che l’arte e la musica sono sopra tutto: il mondo cambia, ma la musica rimane sempre, unisce il mondo. Se avete visto il cast di Boris, siamo quasi tutti stranieri. Questo fa la cultura: unisce. Noi cantanti e musicisti parliamo con la lingua della musica e dell’arte e vogliamo rimanere questo: musicisti, artisti, cantanti. Non altro".  Il primo a congratularsi con lui a sipario chiuso è stato Valery Gergiev, il direttore d’orchestra amico di Putin che non suona più in Occidente da quando non ha risposto a una lettera inviata proprio dalla Scala a fine febbraio in cui gli si chiedeva di prendere posizione per una soluzione pacifica del conflitto: "È stato il primo maestro al Marinskji di San Pietroburgo", spiega Abdrazakov. L’amicizia come la cultura: non si cancella. Intanto, archiviato Sant’Ambrogio, è già tempo di pensare al futuro prossimo in via Filodrammatici. Il 2023 non sarà un anno facile per tanti motivi: dall’aumento del costo dell’energia (c’è lo spauracchio di bollette da 6 milioni) al rinnovo del contratto, fino al progetto Rubattino e ai paventati tagli alla cultura. Quelli della Regione sono rientrati per il 2022, ma la battaglia dei sindacati continua: "Vigileremo su eventuali decurtazioni, sia alla Scala che nelle altre realtà dello spettacolo dal vivo", chiosa Paolo Puglisi, Slc-Cgil.

Cronaca

MILANO 
di Simona Ballatore
e Nicola Palma
Non sono i numeri della Tosca da record del 2019 (2,85 milioni di spettatori per uno share del 15%) e neppure quelli della Madame Butterfly del 2016 (2,6 milioni per uno share del 13,48%), ma alla Rai e alla Scala lo avevano messo in conto. Per quanto sia un capolavoro, il russo Boris Godunov nella versione originaria di Modest Musorgskij non può comunque reggere il confronto con il repertorio pucciniano. E per questo il sovrintendente Dominique Meyer ha parlato di "risultato importante" per commentare i dati della diretta sulla rete ammiraglia della Prima di mercoledì: l’allestimento del regista Kasper Holten e l’esecuzione dell’orchestra diretta dal maestro Riccardo Chailly hanno conquistato 1,495 milioni di spettatori in tv, con uno share del 9,1%. 
"Anche quest’anno – ha aggiunto Meyer – la Rai è stata accanto alla Scala per portare in Italia e nel mondo una serata di musica e di cultura". Da qui il ringraziamento "per la convinzione" con cui la televisione di Stato ha proposto lo spettacolo di Sant’Ambrogio, "dimostrando ancora una volta di fornire un servizio pubblico di qualità". Di "grande successo", ha parlato anche l’ad della Rai Carlo Fuortes, che, ironia della sorte, è stato il principale competitor di Meyer per la successione di Pereira e che di recente è stato nuovamente accostato al teatro di via Filodrammatici per il quinquennio 2025-2030 (nonostante sia inviso non da oggi ai sindacati scaligeri, Cgil in testa). Discorsi futuribili. A tenere banco nell’attualità sono ancora i 13 minuti di applausi e, tra gli altri, il successo personale del protagonista Ildar Abdrazakov, alla sesta inaugurazione al Piermarini: "Quando arrivo in città, tutti mi dicono “Welcome home” – scherza il basso che ha vestito e vestirà fino al 29 dicembre i panni dello zar descritto nel dramma di Aleksandr Puskin –. La Scala è un teatro dove mi sento a casa: ho cominciato a lavorare qui più di 20 anni fa, ho lavorato tanto con il maestro Muti, adesso con il maestro Chailly. Sono felice di tornare qui". Ci tornerà a metà marzo per Les Contes d’Hoffmann, ma non è detto che non ci sia posto per lui pure per il Don Carlo di Verdi del prossimo 7 dicembre. Pur evitando domande sulla politica e in particolare sulla guerra tra Russia e Ucraina, Abdrazakov ha chiarito che "la cosa più importante che hanno fatto il maestro Chailly e il sovrintendente Meyer è far capire che l’arte e la musica sono sopra tutto: il mondo cambia, ma la musica rimane sempre, unisce il mondo. Se avete visto il cast di Boris, siamo quasi tutti stranieri. Questo fa la cultura: unisce. Noi cantanti e musicisti parliamo con la lingua della musica e dell’arte e vogliamo rimanere questo: musicisti, artisti, cantanti. Non altro". 
Il primo a congratularsi con lui a sipario chiuso è stato Valery Gergiev, il direttore d’orchestra amico di Putin che non suona più in Occidente da quando non ha risposto a una lettera inviata proprio dalla Scala a fine febbraio in cui gli si chiedeva di prendere posizione per una soluzione pacifica del conflitto: "È stato il primo maestro al Marinskji di San Pietroburgo", spiega Abdrazakov. L’amicizia come la cultura: non si cancella. Intanto, archiviato Sant’Ambrogio, è già tempo di pensare al futuro prossimo in via Filodrammatici. Il 2023 non sarà un anno facile per tanti motivi: dall’aumento del costo dell’energia (c’è lo spauracchio di bollette da 6 milioni) al rinnovo del contratto, fino al progetto Rubattino e ai paventati tagli alla cultura. Quelli della Regione sono rientrati per il 2022, ma la battaglia dei sindacati continua: "Vigileremo su eventuali decurtazioni, sia alla Scala che nelle altre realtà dello spettacolo dal vivo", chiosa Paolo Puglisi, Slc-Cgil.

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