Ticosa, uno scandalo senza fine

Como, dieci anni fa vennero abbattuti i ruderi dell’ex tintostamperia

L’ex Ticosa abbandonata

L’ex Ticosa abbandonata

Como, 29 gennaio 2017 - Era il 27 gennaio del 2007 quando l’allora sindaco di Como, Stefano Bruni, con uno spettacolo di fuochi d’artificio e qualche ruspa fece abbattere la Ticosa, che come l’araba fenice sarebbe dovuta risorgere dalle sue ceneri e trasformarsi in un moderno e lussuoso quartiere residenziale. A dieci anni di distanza sappiamo com’è finita e non serve rinfrescare la memoria ai comaschi che ogni giorno, diretti in centro dopo aver disceso la Napoleona, ci passano davanti in auto.

Al posto dell’ex tintostamperia c’è una porzione di suolo lunare, ricoperto a tratta da teli di plastica che dividono le porzioni già bonificate dall’amianto da quelle ancora da ripulire: un’operazione lenta e costosa, come ben sanno a Palazzo Cernezzi dove dai 2 milioni di euro iniziati sono saliti a oltre 6 per poi decidere di fermarsi quando Multi ha fatto sapere che non era più interessata all’area. La richiesta della società olandese, che a suo tempo aveva presentato una proposta di acquisto dell’area, è arrivata il settembre scorso. In cambio dell’impegno a far cadere tutti i contenziosi in essere, stimati in una richiesta di risarcimento al Comune per 14 milioni di euro, la società si è dichiarata pronta a restituire l’area, ma l’amministrazione non sembra disposta a fargliela passare liscia.

Sarà l’ennesima grana per il futuro sindaco di Como, una sorta di staffetta che Mario Lucini passerà al suo successore.

Di sicuro senza Multi tramonta definitivamente la possibilità di salvare, almeno in parte, il sogno di trasformare la Ticosa in un quartiere con palazzi, negozi, uffici e tanto verde. Tutta colpa dell’amianto presente nel terreno, che secondo qualcuno è stato sparso dopo la scellerata decisione, con il senno di poi, di abbattere la palazzina C della fabbrica. La bonifica parziale ha dissanguato le casse del Comune e completare il lavoro è praticamente impossibile. Meglio ricoprire tutto con un bello strato di asfalto e trasformare l’ex area industriale in un grande parcheggio alle porte della città. Proprio quello che è stata per anni, con buona pace dei comaschi e dei turisti che almeno sapevano dove parcheggiare a poco prezzo. Probabilmente l’ipotesi più sensata che però non è priva di conseguenze, prima tra tutte che si renderà ancor più inutile l’autosilo della Valmulini, un’altra cattedrale nel deserto costruita poco prima di decidere di spostare il Sant’Anna a San Fermo della Battaglia.