Como, subito un risultato con il nuovo sistema riconoscimento facciale

Como, aggredisce una donna: riconosciuto dal software della polizia

IN AZIONE A lato un’immagine della videosorveglianza “setacciata” alla ricerca  dei tratti somatici dei rapinatori dal sistema Sari. Sopra il questore Giuseppe De Angelis

IN AZIONE A lato un’immagine della videosorveglianza “setacciata” alla ricerca dei tratti somatici dei rapinatori dal sistema Sari. Sopra il questore Giuseppe De Angelis

Como, 8 ottobre 2018 - E' in vigore da pochi giorni, ma già è arrivato un primo risultato. Il riconoscimento di un uomo che aveva aggredito una donna a Como. Ripreso da una telecamera mentre si allontanava, è stato identificato grazie al nuovissimo sistema Sari in dotazione alla polizia. Il Sistema Automatico di Riconoscimento Facciale è un software molto sofisticato, che si basa sulla vastissima banca dati delle persone fotosegnalate. Il criterio con cui lavora è simile a quello dell’Afis, in cui sono inserite le impronte digitali: una comparazione per punti, tra la foto di un volto già presente nell’archivio, e quella fornita per svolgere l’accertamento. Quest’ultima può essere fornita da una telecamera, da uno scatto fatto con un telefonino, o anche da un’immagine presa da internet. Confrontando i parametri biometrici, il sistema restituisce una percentuale di probabilità abbinata a uno o più soggetti presenti nell’archivio. Se tale percentuale è del cinquanta per cento, la riconoscibilità è bassa, se si sale al settanta per cento, come avvenuto per questo primo caso Comasco, la possibilità che si tratti del soggetto ricercato diventa quasi certezza.

Il sistema è entrato ufficialmente in vigore il 28 settembre in diverse Questure d’Italia, tra cui anche Milano e Brescia, preceduto da un periodo di rodaggio, e va a integrare la strumentazione scientifica già in dotazione della polizia. Non solo lo storico data base delle impronte digitali, ma anche la banca dati del Dna, che ogni giorno viene implementata grazie anche al lavoro svolto nelle strutture carcerarie, che mappano ogni detenuto al momento della scarcerazione. Con questo ultimo sistema, si amplia notevolmente il panorama degli strumenti a disposizione per arrivare all’identificazione di un soggetto, basandosi sulle tracce che si lascia alle spalle. Così come per le impronte digitali, la comparazione avviene all’interno di una banca dati nazionale, che quindi arriva a comprendere anche i soggetti che abitualmente non gravitano nel territorio in cui si è svolto il fatto in indagine.

Al momento questo riconoscimento non costituisce prova processuale, ma solo in input per gli inquirenti. Una volta isolato il nominativo, si deve comunque procedere a un riconoscimento da parte della vittima, svolto con i criteri imposti dalla procedura giudiziaria, oppure effettuare altri riscontri nel caso di reati contro il patrimonio o che non abbiano coinvolto terze persone. Rimane tuttavia un grossissimo punto di partenza per svolgere accertamenti, ma anche per identificare tutte quelle persone di cui sono risultati visibili i volti, rimasti imprigionati nelle immagini di telecamere, ma che non si riesce a collegare a una identità. Ora che la polizia è dotata di questo sistema, diventa ancora più importante la presenza di un sistema di videosorveglianza funzionante e capillare. Una dotazione che, da sempre, risulta carente a Como, così come in molti Comuni del territorio, i cui impianti sono inadeguati o insufficienti.