Strage di Erba, Rosa e Olindo: nuova udienza pubblica sugli indizi

La decisione della Cassazione

Rosa Bazzi e Olindo Romano

Rosa Bazzi e Olindo Romano

Erba (Como), 14 settembre 2019 - La corte d’Assise di Como fissi un’udienza pubblica, con la presenza delle parti, per valutare se possono essere avviati nuovi accertamenti sulla strage di Erba ed esaminati i reperti dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i due coniugi condannati in via definitiva all’ergastolo per il massacro avvenuto in via Diaz l’11 dicembre 2006, in cui furono uccisi Raffaella Castagna, il figlioletto Youssef, la nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini e fu gravemente ferito il marito, Mario Frigerio. Così ha stabilito la Cassazione. Il nuovo capitolo della storia infinita è scaturito da un vizio formale: lo scorso aprile i giudici comaschi avevano respinto l’istanza dei difensori per esaminare reperti e tracce biologiche, accedere ai server della Procura per analizzare le intercettazioni, acquisire un vecchio cellulare Motorola.

Una decisione racchiusa in poche righe: «La Corte d’Assise di Como rigetta le istanze e dispone che, divenuto esecutivo il presente provvedimento, venga data esecuzione alla confisca e alla distruzione dei corpi di reato». La decisione era stata però presa senza contraddittorio fra le parti. Di qui il ricorso dei difensori (Fabio Schembri, Luisa Bordeaux, Nico D’Ascola), accolta dalla Suprema Corte. La prima sezione penale, dopo una camera di consiglio che si è tenuta giovedì, è uscita con una ordinanza che rimanda gli atti a Como perché fissi l’udienza pubblica, convocando sia la Procura sia i legali dei Romano.    I reperti indicati dalla difesa (gli altri sono stati distrutti) sono i materiali ungueali di tutte le vittime, alcune formazioni pilifere sulla felpa del piccolo Youssef, una macchia di sangue nell’appartamento di Raffaella Castagna e una sul ballatoio, una impronta palmare sulla porta e mai attribuita. «La posizione della famiglia Castagna - dice l’avvocato Massimo Campa, legale di Pietro e Giuseppe Castagna, fratelli di Raffaella - rimane quella della assoluta certezza che la sentenza sia giusta. Se i Romano decidono di perseguire tutte le vie possibili, lo facciano. Quello che non accettiamo e che stiamo perseguendo in modo molto forte sono le accuse diffamatorie nei confronti di Pietro e Giuseppe Castagna».