Strage di Erba, è guerra sui reperti: i giudici bloccano la distruzione

Frenata la Procura: prima si decida sugli accertamenti chiesti dalla difesa

Olindo Romano e Rosa Bazzi (Cusa)

Olindo Romano e Rosa Bazzi (Cusa)

Erba, 1 settembre 2017 - Il pubblico ministero aveva dato parere contrario alla istanza della difesa e quindi favorevole alla distruzione dei reperti. Ma la Corte d’Assise di Como si è espressa perché i reperti della strage di Erba non vengano toccati fino a quando non ci sarà una decisione definitiva sull’esame di alcuni di essi con la formula dell’incidente probatorio. È quello per cui si battono da tempo i difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage dell’11 dicembre 2006, in un grande caseggiato di via Diaz. Quattro persone vengono trucidate a coltellate e colpi di spranga. Ai primi, inorriditi soccorritori si presentano i corpi di Raffaella Castagna, del suo bambino Youssef, di due anni e mezzo, della madre di Raffaella, Paola Galli. Nella mansarda al piano superiore, il cadavere di una vicina, Valeria Cherubini. Mario Frigerio, marito di quest’ultima, è sul pianerottolo davanti alla porta di Raffaella Castagna, gravemente ferito ma vivo: una malformazione congenita della carotide lo ha salvato mentre il coltello gli trapassava la gola.

Lunga, sofferta, punteggiata di date, la vicenda dei reperti, conservati all’ufficio corpi di reato del tribunale di Como. Il 20 aprile 2015 la Corte d’Assise ne dispone la confisca e distruzione, rimandando di un anno l’esecuzione del provvedimento. Il 13 aprile 2016 i difensori Fabio Schembri, Luisa Bordeaux e Nico D’Ascola fanno presente di avere proposto istanza di incidente probatorio alla Corte d’Appello di Brescia e chiedono di revocare o di sospendere l’ordine di distruzione. Nove giorni dopo, il 21 aprile, i giudici bresciani rifiutano l’incidente probatorio. La difesa di rivolge nuovamente a Como perché i reperti vengano preservati. Il 4 maggio 2016 la Corte comasca conferma confisca e distruzione, però “ne differisce l’esecuzione decorsi nove mesi da oggi”. Il tempo trascorre. La sorte dei reperti parrebbe segnata. Il 5 aprile di quest’anno il fatto nuovo. La prima sezione della Cassazione accoglie la richiesta della difesa e annulla l’ordinanza con cui l’Appello di Brescia ha respinto come inammissibile la richiesta dell’esame in incidente probatorio dei reperti individuati dai legali dei Romano.

Ultimo capitolo e (per ora) ultimo rimpallo. Storia di questi giorno. Nuova istanza della difesa a Como che allega il dispostivo della Suprema Corte per chiedere la revoca dell’ordine di distruzione o comunque una proroga del termine fissato. Il pm dà parere contrario a questa richiesta perché “ha rilevato trattarsi di termini trascorsi da tempo”. Di segno opposto il parere e la decisione della Corte d’Assise. Il pronunciamento della Cassazione “rende ancor più attuali le ragioni di opportunità che il 4 maggio 2016 hanno indotto la Corte d’Assise di Como a differire l’esecuzione della distruzione dei reperti”. Non sono prevedibili i tempi in cui sarà definita la questione dell’incidente probatorio. Per questo motivo “la Corte non ritiene di indicare un termine rigido per la proroga dell’esecuzione della distruzione dei reperti, bensì di sospenderla fino alla decisione definitiva sull’istanza di incidente probatorio”.