"Mamma aiuto, m’ha sequestrata": liberata nella casa dell’ex

Como, la Procura indaga sull’episodio di violenza a una 22enne che voleva troncare una relazione

Polizia Locale nella piazza di Camerlata dove la ragazza era stata sequestrata

Polizia Locale nella piazza di Camerlata dove la ragazza era stata sequestrata

Como - A farla liberare è stata la madre che ha bloccato, in piena notte, una pattuglia della Polizia Locale di Como. Ha spiegato che la figlia era chiusa da ore in un appartamento di un palazzo vicino a piazza Camerlata, e che solo poco prima era riuscita a chiamarla chiedendo aiuto. Sabato sera poco prima di mezzanotte gli agenti si sono presentati alla porta indicata dalla donna: gli ha aperto l’inquilino, un giovane di 22 anni, avvolto da un inconfondibile odore di marijuana. Nella camera da letto c’era invece la ragazza, che si stava rivestendo. Era in stato confusionale, con un labbro gonfio, un livido sul collo e graffi alle braccia. Subito è stato fatto intervenire il 118 che l’ha trasportata in pronto soccorso, mentre si cominciava a ricostruire ciò che sarebbe accaduto nelle ore precedenti. E’ stato così appurato che i due avevano avuto una relazione, interrotta dalla giovane donna che non tollerava più le condotte di gelosia nei suoi confronti, che spesso sfociavano anche in atteggiamenti violenti. Una decisione che il ventiduenne non aveva intenzione di accettare, e che sabato lo aveva spinto a dare appuntamento alla ragazza, salvo poi riuscire a portarla a casa sua con la scusa di restituirle un oggetto di cui lei aveva bisogno.

Ciò che è successo da quel momento in avanti è ora da ricostruire: nell’abitazione è stata trovata della marijuana, per la quale il ragazzo è stato denunciato. Ma ora dovrà essere ascoltata lei, dimessa dal pronto soccorso con dieci giorni di prognosi, per riuscire ad avere un racconto di quelle ore, e metterlo in relazione con le valutazioni fatte dai medici che l’hanno visitata. Il sostituto procuratore Massimo Astori, che coordina le indagini, dovrà infatti verificare la compatibilità di quelle ferite ed ecchimosi, con un’eventuale aggressione. Anche la madre della ragazza è una testimone importante: è stata lei a ricevere la telefonata di richiesta di aiuto, durante la quale sua figlia le ha detto dove si trovava, approfittando di un momento in cui il ventiduenne si era allontanato dalla stanza.