Salah e Samir, invisibili e irregolari Si indaga su una sfilza di violazioni

Sono morti così i due ragazzi soffocati nel cantiere per la costruzione di una villa di lusso sul lago. Ancora mistero su chi li avesse reclutati e portati fino a Moltasio, dove vivevano da quasi un mese

Migration

di Paola Pioppi

Un’indagine aperta contro ignoti per omicidio colposo, al momento svincolato dal contesto lavorativo. L’autopsia fissata per oggi, che dovrà dare le prime conferme all’ipotesi iniziale di una morte avvenuta per intossicazione da esalazioni di monossido di carbonio. I due operai morti nel cantiere di Moltrasio si chiamavano Said Salah Ibrahim Abdelaziz, 27 anni il 1° novembre e un domicilio in via Giambellino a Milano, e Said Samir Mohamed Mahmoud, che tra due giorni avrebbe compiuto 29 anni, domiciliato in via Paravia, a Milano: il primo richiedente asilo, in secondo in Italia senza alcun permesso.

La loro morte è subentrata nel sonno, non si sa chi abbia procurato quel braciere acceso nel container o se sia stata una loro iniziativa. Manca di sapere per chi lavoravano e chi li avrebbe pagati, anche in assenza di un contratto. Non si sa se la loro permanenza di notte nel cantiere era stata una scelta di comodità, per non dover fare i pendolari senza mezzi di trasporto, o se qualcuno gli aveva chiesto di farlo per presidiare il cantiere.

Sono troppi gli aspetti ancora da capire in questa vicenda che al momento ha come sola certezza la tragicità di ciò che è avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì, quando le temperature sono scese e Said e Samir hanno cercato di creare un po’ di calore. Un’altra certezza è che stavano lavorando – la loro presenza è stata accertata – in un cantiere, le cui condizioni di sicurezza sono state ritenute censurabili al punto da procedere con un sequestro preventivo, in attesa di mettere in fila tutte le violazioni riscontrate all’ interno. Se da un lato è vero che è ancora troppo presto per capire quale piega prenderanno le indagini, è altrettanto vero che due aspetti ormai certi, vale a dire la mancanza di un regolare contratto di lavoro, e l’assenza di condizioni di sicurezza, sono abitualmente i prerequisiti che portano a configurare una condizione di sfruttamento. I carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro stanno sentendo persone per ricostruire la gestione del cantiere di via Ranzato 3 e la situazione degli unici due operai al lavoro, Said e Samir.