Svizzera, emergenza profughi al confine: soluzione spartana in Ticino

Visita al Centro Unico per Migranti di Rancate dove chi cerca di entrare in Svizzera senza permessi né far richiesta di asilo verrà ospitato per dodici ore, prima di essere riaccompagnato al confine

Una delle camerate del centro migranti di Rancate

Una delle camerate del centro migranti di Rancate

Como, 19 agosto 2016 - Tempo una decina di giorni e il capolinea dell’interminabile viaggio di migliaia di migranti, partiti dall’Etiopia e dall’Eritrea alla volta della Germania, sarà in via alla Rossa a Rancate, in un anonimo capannone di periferia a una manciata di chilometri dalla stazione di Chiasso. Qui infatti è in corso di allestimento il Centro unico per migranti del Canton Ticino, destinato a chiunque verrà sorpreso a varcare i confini della Confederazione Elvetica senza documenti e soprattutto senza nessuna voglia di fare richiesta di asilo politico.

È la risposta alla tendopoli che ormai da un mese e mezzo è sorta nei giardini di fronte alla stazione di Como, presa molto sul serio anche da questa parte del confine. «Stiamo organizzando questo centro per poter accogliere in maniera più dignitosa i migranti fermati in dogana - spiega Renato Pizolli, commissario capo e portavoce della Polizia Cantonale, impegnato per conto dello Stato Maggiore Cantonale dell’Immigrazione - Qui dentro potremo ospitare fino a 150 persone, per il tempo necessario per espletare le pratiche burocratiche prima di riaccompagnarli alla frontiera». Procedure che di solito impegnano gli uffici per un massimo di dodici ore, tempo in cui ai migranti verrà offerto un pasto caldo, la possibilità di farsi una doccia e una branda su cui dormire, fornita direttamente dalla Protezione Civile attraverso i magazzini dell’esercito. Non è un caso che all’interno del magazzino di via Rossa siano proprio i militari a compiere la maggior parte dei lavori: segano le assi di legno per creare le pareti delle camerate ognuna da venti letti, sistemano i collegamenti idraulici per i container con docce e bagni nel cortile esterno, ripuliscono i materassini che a giudicare dal grigiore di campi estivi e invernali dell’esercito rossocrociato devono averne visti parecchi. 

Unico vezzo estetico la tela mimetica attorno alle pareti di legno delle camerate, ideale rendere soffusa la luce sempre accesa nei corridoi. «Dobbiamo finire tutto entro venerdì prossimo per essere operativi entro il 28 agosto - spiega Adamo Willimann, funzionario tecnico dell’amministrazione cantonale del Canton Ticino - nel salone centrale realizzeremo un’infermeria e una mensa, però senza cucine per ragioni di sicurezza». I pasti verranno dati in appalto, come la sorveglianza affidata a un’agenzia privata, sempre con la supervisione della Polizia Cantonale. Chi entrerà qui dentro, da un certo punto di vista, avrà già il destino segnato. «Dei richiedenti asilo si occupano le autorità federali - riassume Renato Pizolli - sono loro ad analizzare le singole richieste destinando i profughi in centri di accoglienza diversi da questi e suddivisi nei vari Cantoni. Qui entrerà chi non vuole rimanere in Svizzera, per essere respinto in Italia con procedura semplificata». Ovvero la maggioranza di eritrei ed etiopi che varcano di nascosto il confine. Prima di uscire verrà presa loro l’impronta di un dito e chiesto il nome, nel caso dovessero ripresentarsi. «Ma non per schedarli, solo a fini statistici».