Como, processo paratie sul lago: "Cercavano il bene pubblico"

Le motivazioni della sentenza contenute in 250 pagine

Uno dei cantieri delle paratie sul lago di Como

Uno dei cantieri delle paratie sul lago di Como

Como, 17 luglio 2019 - In 250 pagine dense di valutazioni tecniche, ricostruzioni di ogni passaggio processuale e interpretazioni delle condotte degli imputati, il giudici del Tribunale Collegiale di Como – Valeria Costi, Walter Lietti e Christian Mariani – hanno motivato la sentenza letta a gennaio al termine del processo per le paratie del lago di Como. Un provvedimento che aveva portato a una serie di condanne, tra cui l’ex sindaco Mario Lucini, ma allo stesso tempo all’assoluzione per alcuni capi di imputazione sostenuti dal pubblico ministero Pasquale Addesso.

Un provvedimento dal quale emerge la volontà di contestualizzare le condotte degli imputati: «Occorre rilevare – dicono i giudici – che l’intento, sia pure attuato con modalità risultate penalmente rilevanti, era comunque quello di cercare di far funzionare la macchina pubblica in modo efficiente… gli interessi privati venivano ritenuti funzionali all’interesse di agire in modo rapido e senza troppi oneri». Inoltre «Lucini, Gilardoni e la Petrocelli si trovano a dover affrontare e gestire una situazione oggettivamente molto complessa e problematica, risalente nel tempo, derivante da colpe imputabili all’amministrazione precedente». Relativamente al presunto obbligo di risoluzione del contratto con Sacaim, uno dei temi più dibattuti nell’istruttoria, «nonostante ciascuno di questi argomenti sia sicuramente plausibile e in parte fondato – dicono riferendosi alle imputazioni del pubblico ministero - secondo il Collegio non può tuttavia dirsi raggiunta la piena prova che l’appalto paratie dovesse essere risolto».

Infatti «fermo restando che un errore di progetto superiore al 20 per cento impone tassativamente la risoluzione del contratto, non si può affermare oltre ogni ragionevole dubbio, che tale soglia sia stata raggiunta. Anche perché la valutazione di tale percentuale si fonda su opere e lavori oggetto di una variante mai definitivamente approvata». Infine i giudici affermano che «se può essere sicuramente ritenuto sussistente un danno non patrimoniale, quantomeno all’immagine del Comune di Como, vistosi condannare il suo Sindaco e suoi funzionari di primo piano, ben più arduo è ravvisare un danno patrimoniale per l’Erario... atteso che vari testimoni hanno comunque valutato come più onerose in termini di costi pubblici le conseguenze che gli imputati cercavano di evitare, ossia la gara per il progetto della terza variante e la risoluzione del contratto con Sacaim».