Omicidio Molteni, banda Brancalone finita in un disegno sfuggito di mano

Troppa gente attorno all’omicidio di Alfio Molteni. Persone pagate poche centinaia di euro, per incendiare un’auto o sparare qualche colpo di pistola

Alfio Molteni (Cusa)

Alfio Molteni (Cusa)

Carugo (Como), 12 ottobre 2016 - Troppa gente attorno all’omicidio di Alfio Molteni. Persone pagate poche centinaia di euro, per incendiare un’auto o sparare qualche colpo di pistola. Persone usate come intermediari per consegnare i soldi o smistare le telefonate a cui dall’altra parte non rispondeva nessuno. L’insuccesso del progetto che serviva a dare un’immagine pericolosa e dubbia del professionista, è fallito a causa dei «troppo». Troppi tentativi, e man mano sempre più pericolosi, fino ad esserlo troppo, quando uno dei proiettili che dovevano solo ferire, lo ha ucciso. Ma con tutta quella gente coinvolta man mano, nell’ultimo anno e mezzo, e riconducibile a un unico contesto delinquenziale, quello della Brianza monzese, erano davvero in troppi a sapere da chi arrivavano le richieste, chi pagava, chi era al centro delle attenzioni.

Una catena che, percorsa a ritroso, ha annientato i «sei gradi di separazione», come sostiene la celebre teoria dello psicologo americano Stanley Milgram, che ne realizzò un esperimento sociale. Gradi innegabili di distanza e separazione tra la ricchissima Daniela Rho, e gli sbandati Crisopulli, Scovazzo, De Martino, che mai hanno acquistato una maglietta da mille euro o prenotato il parrucchiere ad Alassio per una messa in piega da toccata e fuga. Eppure, tra questi due mondi sideralmente distanti, si è infilato un legame. Il desiderio di fare del male, la necessità di trovare qualcuno disposto a farlo. Ma l’affollamento di questo progetto, così come lo ha ricostruito la Procura di Como, che accusa Daniela Rho e il commercialista Alberto Brivio di essere i mandanti del quella scia di paura, è stato l’origine del suo insuccesso. Si è partiti a dicembre con l’individuazione di chi aveva rubato l’auto per arrivare a Carugo la sera dell’omicidio, si è risaliti a chi l’aveva ricettata e usata. Uno dei due aggressori di Molteni, è stato trovato poco dopo, a marzo, ed è finito in carcere: Michele Crisopulli. ancora detenuto al Bassone. Ma quei due colpi di pistola, probabilmente non li ha esposi lui. Occorreva cercare ancora, capir anche chi aveva sparato alle finestre di Molteni a luglio. I carabinieri sono arrivati anche lì, scoprendo che in questo disegno così complicato, c’era anche Vincenzo Scovazzo, che con le armi aveva abbondantemente a che fare.

Non solo con quella usata a luglio, ma anche a ottobre. Ma tra queste persone, la benestante Daniela Rho e il professionista Alberto Brivio, che si occupava dei problemi contabili del mobilificio, manca ancora un grado di separazione. La connessione tra due mondi troppo distanti per sapere dove andarsi a cercare. In mezzo, c’è Luigi Scovazzo, guardia giurata che fai i conti con altri malesseri: famiglie da mantenere, figli, stipendi che non arrivano, e che accetta volentieri i soldi che arrivano veloci, in contanti, solo per affidare incarichi a terze persone.