La Dda a Como: coop asservite e fatte fallire, così la ’ndrangheta faceva soldi

Erano utilizzate per evadere il Fisco. L’inchiesta “Cavalli di razza” ha ricostruito 10 anni di attività di 5 consorzi cui facevano riferimento 28 sodalizi

Il pubblico ministero Pasquale Addesso impegnato in aula

Il pubblico ministero Pasquale Addesso impegnato in aula

Como - I soldi si producevano con le cooperative, utilizzate per evasioni fiscali milionarie, e per creare un indotto a favore della criminalità calabrese. L’indagine della Dda di Milano “Cavalli di razza“, sfociata in un’ipotesi di associazione mafiosa, è partita da qui, da una serie di verifiche su false fatture e occultamento di scritture contabili realizzate tra 2009 e 2019 all’interno di un gruppo di cinque consorzi, a cui facevano capo 28 cooperative, quasi tutte avviate verso il fallimento, che avrebbero evaso almeno di 10 milioni di euro di tasse e accumulato distrazioni per altri 15 milioni.

Davanti al Tribunale Collegiale di Como, è partito uno stralcio della vasta indagine che meno di un anno fa aveva coinvolto 54 indagati. Undici di loro sono andati a dibattimento, gli altri 43 sono invece a processo con rito abbreviato, o hanno deciso di patteggiare. Ieri a dibattimento ha testimoniato un brigadiere della Guardia di finanza, che ha inquadrato il vasto sistema di gestione contabile delle cooperative create a Como, che ha portato a contestare i reati di frode fiscale e multiple bancarotte societarie, i cui proventi sarebbero stati utilizzati per finanziare l’associazione.

Con questa accusa, i pubblici ministeri della Dda di Milano Pasquale Addesso e Sara Ombra, hanno portato a processo Massimiliano Ficarra, commercialista di 53 anni residente a Lomazzo, che avrebbe messo le sue competenze a disposizione dell’ideazione e realizzazione delle frodi finanziarie. Assieme a lui rispondono di associazione con il ruolo di partecipi, Antonio Carlino, 48 anni e Daniele Ficarra, 45 anni, entrambi di Gioia Tauro, Rocco Marcello Ficarra, 58 anni di Castronno.

Sempre l’ipotesi di associazione, ha raggiunto Giuseppe Iaconis, 23 anni, figlio di Bartolomeo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Franco Mancuso e in possesso della dote di "capo società", accusato di aver ricevuto gli ordini impartiti dal padre detenuto, mentre Alessandro Tagliente, 57 anni di Appiano Gentile, è ritenuto il braccio destro di Iaconis. Dopo l’arresto di Iaconis, sarebbe stato lui a gestirne le attività, tra cui il bar Bulldog, e i guadagni, stabilendo a chi e come andavano ripartiti.

Leo Palamara, 51 anni di Africo, viene invece indicato come partecipe, per essersi fatto carico del mantenimento di alcuni detenuti. Inoltre Giuseppe Valenzisi, 32 anni di Lomazzo, è accusato di concorso in una intestazione fittizia, mentre Antonio Ficarra, 34 anni di Gioia Tauro, di concorso in una estorsione.