La fuga di Mussolini, il mistero del lasciapassare per la Svizzera

Un documento inedito dimostrerebbe l'esistenza di un via libera delle autorità. Lo storico Cavalleri: "Incontrai chi partecipò allo spoglio dei documenti del Duce e non parlò mai di quel via libera. Mussolini lo chiese mesi prima per la moglie e i figli"

Non sarà mai fatta piena luce sulle ultime ore del Duce

Non sarà mai fatta piena luce sulle ultime ore del Duce

Como, 8 gennaio 2016 - Non sarà mai fatta piena luce sulle ultime ore di vita di Benito Mussolini, almeno fino a quando i fascicoli che viaggiavano con lui in due borse, quando venne arrestato a Dongo il 27 aprile del 1945, non verranno tutti alla luce dopo che alcuni di questi furono trafugati.  Ed è così che in questi giorni si torna a parlare di ciò che accadde durante quella fuga alla fine della guerra attraverso le parole di Elena Curti, 93 anni, figlia naturale di Mussolini, in un’intervista rilasciata a Oggi e un documento inedito del 1947 pubblicato dal settimanale con le testimonianze giurate dei partigiani che avevano assistito allo spoglio dei fascicoli di Mussolini. 

Secondo quei documenti Benito Mussolini avrebbe avuto con sé un lasciapassare per poter entrare in Svizzera quando venne arrestato dai partigiani. Il salvacondotto gli era stato concesso da un politico elvetico. «La Svizzera era una possibile meta, ma alla frontiera di Porlezza non ci fecero passare. Mio padre aveva la mente assente, non sapeva bene cosa fare, cambiava spesso idea. La sua amante Clara Petacci mi scambiò per un’altra sua amante, e mi urlò contro. Poi le spiegarono tutto», ha raccontato la figlia del Duce nell’intervista.  

«È vero che ci fu una riunione nel 1947 in merito ai documenti ritrovati fra gli oggetti del Duce. Vi partecipò anche Oreste Gementi, all’epoca era comandante della piazza di Como. Ma quando parlai con lui non mi accennò mai del lasciapassare fra i documenti ritrovati nelle borse appartenute a Mussolini - spiega Giorgio Cavalleri, storico comasco e fra i massimi esperti di quelle fasi della storia italiana e di ciò che accadde sulle sponde del Lario durante le ultime ore di Mussolini -. È vero anche che alcuni documenti contenuti nelle borse erano stati trafugati». Secondo lo storico, il Duce chiese, mesi prima, a un rappresentante svizzero di ottenere un lasciapassare per la moglie e i figli. Il 26 aprile Rachele Mussolini e due figli tentarono di entrare in Svizzera ma li rimandarono indietro.  

«Solo la figlia minore, colpita da poliomielite avrebbe ottenuto il permesso», continua Cavalleri.  Benito Mussolini inoltre non arrivò mai fino a Porlezza. Il viaggiò si fermò a Grandola.  «Gli unici che provarono a entrare in Svizzera furono Guido Buffarini Guidi e Angelo Tarchi, ministro delle finanze, che furono subito fermati e arrestati verso il lago di Piano. Fu don Emesio Farina, nel suo libro di memorie, a raccontare che la volontà di Mussolini era quella di passare da Buggiolo (un sentiero che portava in territorio elvetico) e che la notizia gli sarebbe stata rivelata dal Cardinale Ildefonso Schuster, con il quale il Duce si era incontrato per stabilire se si poteva o meno arrivare un accordo per una resa ed era poi partito per Como. Ma sono cose difficili da confermare oggi». federico.magni@ilgiorno.net