Salah Abdelaziz e Samir Mohamed Said: morti senza aver mai preso lo stipendio

I due operai edili stroncati dal monossido in un container di metallo: le indagini fanno emergere un quadro drammatico di irregolarità

Rilievi sul luogo della tragedia

Rilievi sul luogo della tragedia

Moltrasio (Como) - In Italia da poche settimane, forse da inizio agosto. Famiglie e figli piccoli lasciati in Egitto, un impiego come operai edili per realizzare le gettate di cemento armato destinate a sostenere tre ville di lusso vista lago. La giornata di lavoro in cantiere, la notte nel container senza finestre, senza acqua e senza riparo dal freddo. La latrina del cantiere come unico servizio igienico a loro disposizione, senza doccia. Nessun contratto di lavoro, nessuna formazione su ciò che dovevano fare, sui pericoli a cui stare attenti. Nessuna paga messa in tasca. Perché Salah Abdelaziz, richiedente asilo di 27 anni, e Samir Mohamed Said, 29 anni, privo di permesso di soggiorno, sono morti senza fare nemmeno in tempo a ricevere il loro primo stipendio. Uccisi dall’esalazione di monossido di un braciere di fortuna fatto con un secchio preso in cantiere, senza nemmeno immaginare che assieme al caldo, gli avrebbe restituito una sostanza destinata a soffocarli.

La catena di subappalti

I carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Como per tutto il giorno hanno cercato un contratto, o anche solo un documento che potesse chiarire per chi stessero lavorando, ma non è stato trovato nulla. Chi li aveva reclutati e portati fino a Moltrasio, dove da quasi un mese lavoravano e vivevano, chi gli avrebbe riconosciuto una paga, è ancora un mistero. Mercoledì è stata ricostruita la filiera del cantiere, nato da un incarico assegnato dalla Intento srl, società immobiliare con sede a Menaggio, che fa capo a un imprenditore russo. Per realizzare il suo progetto, aveva affidato l’incarico a una prima impresa, la Nur Immobilien srl di Lecco, che a sua volta aveva subappaltato alla Diano Costruzioni di Porlezza, come compare sul cartello di cantiere, dove tuttavia non è indicato il responsabile dei lavori, costituito da un laconico "non nominato".

Sequestrato il cantiere

Ma a un certo punto, non è ancora chiaro da quando, è subentrato un secondo subappalto, affidato alla ditta individuale Francesco Isabella di Limbiate. Mercoledì è stato l’unico impresario, il cui nome si lega al cantiere, a non essere sentito. I carabinieri hanno convocato il committente e i responsabili della altre due imprese, ma Isabella era fuori regione e quindi non immediatamente reperibile. La ricostruzione delle posizioni lavorative non è tuttavia l’unico fronte di accertamenti in corso: il cantiere è stato messo sotto sequestro preventivo per motivi di sicurezza, alcuni dei quali immediatamente visibili, come la mancanza di protezioni.