Erba, molestie alla collega. E la moglie chiede i danni al marito

Moglie di un professionista comasco parte civile nel processo che vede l’uomo accusato di stalking

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Erba (Como), 12 settembre 2019 - Le molestie sessuali nei confronti delle colleghe di lavoro costituiscono violazione dell’obbligo di fedeltà verso il coniuge, e lesione della reputazione personale. Sono le considerazioni che hanno spinto una donna comasca a costituirsi parte civile nel processo che si è aperto a carico del marito, accusato di violenza sessuale e stalking nei confronti di una collaboratrice conosciuta in ambito professionale. Davanti al Tribunale Collegiale di Como, è comparso  un 47enne di Longone al Segrino, noto anche per la sua attività politica a Erba.   Le condotte che gli vengono contestate dal pubblico ministero Giuseppe Rose, scaturiscono dalla denuncia presentata da una giovane donna, e sarebbero avvenute tra gennaio e maggio 2017. In quel periodo l’imputato avrebbe ripetutamente molestato la conoscente con frasi a sfondo sessuale, al punto da generarle un malessere e uno stato d’ansia per il quale aveva dovuto ricorrere a cure mediche. Inoltre in un caso, a maggio 2017, ci sarebbe stata anche una molestia fisica, sfociata nell’imputazione di violenza sessuale. A quel punto, la donna si era rivolta ai carabinieri di Erba, presentando denuncia. Tuttavia la moglie del 47enne era venuta a conoscenza di questi fatti solo quando la notizia era comparsa sui giornali in occasione del rinvio a giudizio, a dicembre 2018: all’epoca tra i due era già stata avviata una causa di separazione, ma la vicenda si riferiva comunque al periodo in cui erano ancora sposati. Assistita dall’avvocato Aldo Turconi, la donna ha quindi deciso di costituirsi parte civile nel processo, ritenendo che la notizia, «anche per le modalità con le quali è stata diffusa, e per il fatto che le accuse sono riferite a un periodo antecedente alla separazione, nel quale permanevano tutti i doveri matrimoniali tra cui l’obbligo di fedeltà, ha evidentemente creato un trauma, e leso pubblicamente l’onorabilità e reputazione personale e coniugale».    La costituzione in giudizio è stata prodotta in apertura dibattimentale, ammessa dai giudici del Tribunale Collegiale di Como, al termine di una lunga camera di consiglio, nella quale è stata valutata una richiesta che costituiva un caso sostanzialmente inedito. Sono tuttavia stati recepiti alcuni pronunciamenti della Cassazione, che sanciscono il diritto a rivendicare il danno subito anche per i coniugi delle vittime di violenza, in considerazione delle innegabili conseguenze che questi eventi generano nei rapporti personali. Allo stesso modo, i giudici hanno ritenuto che tale danno potesse essere patito anche da chi vive a fianco del presunto autore di tali condotte, riconoscendo alla donna il diritto a stare nel processo come parte civile.