PAOLA PIOPPI
Cronaca

Migranti, si riapre la rotta comasca: verso la Svizzera in mille al mese

I numeri di chi attraversa il confine superano il livello pre-Covid. Già 232 i passatori fermati da inizio anno

I controlli in dogana

I controlli in dogana

Como - Si riapre la rotta comasca dell’immigrazione irregolare. Torna crescere il numero delle persone che passano illegalmente il confine fra Italia e Svizzera. Aumenta anche la risposta delle autorità, che hanno fermato più persone sospettate di essere dei passatori. A confermare la tendenza anche l’aumento del numero dei migranti restituiti all’Italia dalle forze dell’ordine elvetiche, pratica che avviene in modo rapido quando sia evidente la provenienza delle persone bloccate nei pressi della frontiera. Nel confronto tra maggio e giugno si nota un leggero calo dei numeri – passati da 1221 a 1019 sull’intero arco di confine lombardo – il confronto con i dati del 2020 (erano 920), e soprattutto del 2019 (957), mostra una ripresa della circolazione delle persone sulle rotte più calde della migrazione.

Soprattutto, balza all’occhio la crescita dei numeri del mese di maggio, passati negli ultimi tre anni da 988, a 470 a 1.221. Da inizio anno, sono in tutto 6.856 le persone che hanno seguito il principale asse di transito europeo, senza avere titoli di espatrio. Così, anche il numero di persone sospettate di favorire questi transiti è esponenzialmente aumentato: secondo le guardie di confine svizzere, da inizio anno sarebbero 232, con un picco a gennaio, quando ne sono stati registrati 51, fino ai 36 di giugno. In parte, potrebbero far capo a organizzazioni articolate che gestiscono le migrazioni lungo tragitti di migliaia di chilometri, ognuno con affidato un tratto di strada e un compito. Anche se quello in prossimità del confine italo-svizzero è certamente il più difficile. Ma in molti casi, si tratta anche di persone che si prestano a dare una mano a parenti o connazionali, contando su una permanenza stabile ormai guadagnata in Italia o in Svizzera. Passaggi in auto, viaggi in treno come accompagnatori per far diminuire i sospetti, oppure con un ruolo ancora più semplice: indicare un sentiero da seguire e consegnare una mappa. Alcuni di loro vengono sorpresi in flagranza, altri emergono dai racconti che i migranti fanno alle autorità quando vengono fermati e interrogati, per capire se stanno alimentando una tratta. In questi casi, si parla anche di consegne di denaro, pagamenti frammentati che non terminano nemmeno arrivati a destinazione. Ma c’è anche chi è mosso da motivi di solidarietà o umanitari: non chiede denaro, ed è spinto da un senso di appartenenza a un’unica collettività in difficoltà: quella del Paese di origine.