Migranti, Como avamposto di Lampedusa. L’Ue manda il suo commissario

Il rappresentante dei rifugiati Tomas Bocek: cercheremo di aiutarvi

Tomas Bocek

Tomas Bocek

Como, 17 ottobre 2016 - «L’Italia non è stata abbandonata. A Bruxelles conosciamo lo sforzo straordinario che state mettendo in pratica per accogliere i profughi. Sono qui per capire come potervi aiutare». Una risposta, indiretta, alle accuse lanciate nei giorni scorsi dal premier Matteo Renzi, quella di Tomas Bocek, rappresentante speciale per migranti e rifugiati del segretario generale del Consiglio d’Europa, ieri in visita al campo temporaneo di accoglienza di Como. Giunto in tarda mattinata l’alto funzionario dell’Ue si è intrattenuto circa un’ora con i profughi, visitando le strutture del campo in grado di ospitare fino a 350 persone.

«Ho avuto una buona impressione - ha commentato all’uscita - le condizioni sono buone e la struttura è dignitosa. Adesso proseguirò il mio viaggio alla volta di Palermo, domani sarò a Lampedusa e poi a Pozzallo. Rimarrò altri sei giorni nel vostro Paese e voglio incontrare non solo le autorità, ma anche i rappresentanti di comunità e associazioni». La scelta di partire da Como non è casuale. Nella città lombarda più prossima al confine da tre mesi a questa parte si sta vivendo una vera e propria emergenza. Grazie al passaparola migliaia di somali ed eritrei sono arrivati fin qui nella speranza di riuscire a raggiungere la Germania, passando attraverso la Svizzera. Un’illusione tramontata presto, di fronte ai controlli ferrei delle Guardie di Confine elvetiche che, in virtù di un accordo con il nostro Paese, da settimane fermano i migranti e semplicemente li «riaccompagnano» dalla polizia italiana. Inutili le richieste di creare un sorta di «corridoio umanitario». «Questo è un tema delicato che coinvolge la politica degli Stati - si è lasciato sfuggire l’alto funzionario -. Ci stiamo lavorando, ma la Svizzera non è un membro dell’Ue e tutto è molto più difficile».

Non è andata meglio con l’Austria o la Francia, che pur sotto il cappello di Bruxelles da mesi hanno reso impermeabili i loro confini al Brennero e Mentone. Se a Como ci hanno fatto il callo a convivere con i migranti, sono loro a non essersi rassegnati a vivere nel campo di via Regina Teodolinda, dove per la verità dovrebbero rimanere per un massimo di sette giorni. Finora solo in dieci hanno accettato di presentare domanda di asilo politico, gli altri hanno preferito andarsene. L’Italia non è più un approdo sicuro neppure per i profughi.