L’unico superstite "Era tutto a posto poi l’esplosione"

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Il cielo sgombro, non un filo di vento all’apparenza e un manovra semplice sopra i boschi di Caglio. Il contatto via radio tranquillo, nessun allarme, nessuna criticità. Poi lo schianto. Il 26 aprile 2005, un elicottero Ab 212 partito da Linate, su cui viaggiavano cinque giovani militari dell’Aeronautica, si era schiantato contro una parete del Monte Palanzone, nel Triangolo Lariano. Per i sottotenenti Luca Grana, 26 anni di Milano e Mario Di Carluccio, 21 anni di Caserta, il maresciallo Alfonso Castronuovo, 41 anni di Napoli e l’aviere scelto Angelo De Lucia, 22 anni di Pavia, non c’era stato scampo. Unico sopravvissuto era stato il maresciallo Donato Barletta, calato a terra con il verricello pochi attimi prima. Partiti poco prima da Linate, erano impegnati in un’esercitazione abituale. Barletta era sceso in un punto di fitta boscaglia, in un punto raggiungibile solo a piedi con un’ora e mezza di cammino: era rimasto in contatto via radio con i compagni, che avrebbero dovuto fare una ricognizione e tornare a recuperarlo. Di ciò che è accaduto pochi attimi dopo, il maresciallo non si è mai capacitato: "Era tutto a posto – aveva detto ai carabinieri – non c’era vento... eravamo in contatto via radio. All’improvviso ho visto la parte anteriore che si alzava, poi i rotore di coda sbattere contro uno spuntone di roccia coperto dalla vegetazione, poco visibile. Ha cominciato a perdere stabilità inclinandosi su un lato, le pale si sono spezzate sbattendo contro la parete della montagna e io mi sono buttato a terra per riparami dai pezzi di lamiera che schizzavano a terra". Aveva sentito una botta seguita dall’esplosione, un rogo sospeso in aria per pochi secondi, e poi la pioggia di pezzi di ferro attorno a sé. Fino a un attimo prima il velivolo era appoggiato con un pattino su uno spuntone di roccia, come prevede questo tipo di manovra. Paola Pioppi