Como, le opposizioni preparano la sfiducia contro Lucini

Alessandro Rapinese è pronto a depositarla all'inizio della prossima settimana e il Pd è tentato di votarla

Le paratie rischiano di trascinare a fondo anche il sindaco

Le paratie rischiano di trascinare a fondo anche il sindaco

Como, 5 giugno 2016 - C'è Pietro Gilardoni che nell’interrogatorio di garanzia di fronte ai magistrati ha ribadito di non sapere di commettere un reato e che comunque ha fatto tutto per il bene di Como, poi ci sono i consiglieri di maggioranza e minoranza che, sempre per il bene di Como, sono pronti a contarsi in aula e sfiduciare il sindaco Mario Lucini. Come si dice «La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni» e se l’ex-direttore lavori del lungolago dovrà vedersela con i giudici, i politici dovranno vedersela con un tribunale se possibile più severo, quello degli elettori.

Una parabola triste quella di Mario Lucini, nella top ten dei sindaci più amati d’Italia fino a un paio di anni fa e ora trascinato a fondo da quel cantiere che si era impegnato a far ripartire. «Aveva promesso a Como di farle cambiare passo ed è inciampato» ironizzano i suoi detrattori, mentre i sostenitori di un tempo già si preparano a voltargli le spalle. Se il cantiere sul lungolago, malgrado le cronache giudiziarie di questi giorni, continua a restare al palo, il gran circo della politica si è rimesso in moto già da un po’ e questa volta con uno scopo comune: mandare a casa il soldato Lucini.

Non fanno mistero di pensarla così Lega, M5S e Adesso Como che in questi quattro anni non l’hanno mai mandata a dire al sindaco, soprattutto sul tema paratie. È in fibrillazione anche il Centrodestra, colto forse di sorpresa in un momento in cui anche al suo interno non mancano gli interrogativi per la leadership, ma soprattutto la resa dei conti è iniziata nel campo del Centrosinistra. Mario Lucini rischia di pagare, a livello politico, quella scelta di non indossare una casacca che tanto era piaciuta agli elettori. Il professionista prestato alla politica, che pure ha sempre rappresentato una parte importante della sua vita, adesso che è crisi di popolarità rischia di essere rimandato a casa. C’è Paco Sel che alla luce del sole chiede un vertice di maggioranza e chi invece lavora nell’ombra, come la deputata comasca Chiara Braga, molto vicina al premier Matteo Renzi, la prima ad avere il coraggio di dire che quella a Lucini non poteva essere una delega in bianco. Dall’altra parte Luca Gaffuri e Stefano Fanetti, sponsor del sindaco che però faticano a tenere le redini dei più renziani tra i loro. E così la mozione di sfiducia che Alessandro Rapinese potrebbe depositare già all’inizio della prossima settimana, corre il rischio di trasformarsi in un ring per la futura leadership del PD. Come sempre saranno i numeri a contare: per approvare il provvedimento occorrono 17 voti e la minoranza può contare su 12, al netto però dell’aiuto che potrebbe arrivare dalla maggioranza dove almeno 5 consiglieri hanno dei buoni motivi per mandare a casa Lucini e altri sono in bilico. Insomma per il sindaco e i suoi non c’è da stare sereni.