2010-02-25
di PAOLA PIOPPI
VALBRONA
EMILIANO non aveva il giubbetto. Non sentiva freddo, ha detto subito ai carabinieri che gli hanno chiesto come mai fosse in maniche di camicia, ma non è bastato ad allontanare i sospetti. Anzi, li ha amplificati, mettendoli in relazione con le contraddizioni in cui già stava cadendo il padre, Carlo dElia, nel confessare lomicidio di Antonio Correnti, il suo socio ucciso martedì mattina alletà di 62 anni. Carlo aveva cercato di coprirlo fin da subito, dicendo che quella mattina lo aveva portato al lavoro presto con la loro Ibiza, unica auto della famiglia, per poi tornare in tempo per uccidere Correnti prima dellarrivo degli operai, alle 7.30. I militari della stazione di Erba hanno controllato subito, con il datore di lavoro alla Zaltron di Proserpio, dove il ventenne è assunto come apprendista falegname. Nessuno lo aveva visto arrivare prima del tempo: Emiliano era andato al lavoro al solito orario. Allora la versione del padre, e faticosamente anche del figlio, è cambiata: «Emiliano era in auto - ha detto Carlo dElia - ma io gli ho detto di non scendere, che avrei fatto da solo». Ma poi cera quel giubbetto, nel frattempo ritrovato con una macchia di sangue, e allora ecco una nuova versione, questa volta di Emiliano: «Si, ero in macchina - ha dichiarato quando ormai era notte fonda - ma a un certo punto sono voluto andare a vedere cosa stava succedendo, e sono arrivato nel momento in cui lo stava uccidendo. Volevo impedirglielo, ma ormai era tardi».
NESSUN ALTRO testimone, nessun a poter confermare o smentire una versione ritoccata infinite volte che non li ha salvati da unaccusa di omicidio volontario premeditato in concorso. Carlo dElia lo ha dichiarato chiaramente che da tempo pensava di uccidere Correnti, perché era convinto che lorigine dei suoi guai fosse lui.
LAVORAVANO insieme, ma poi la vittima lo aveva estromesso, e non si decideva a dargli i 1000 euro dellultimo lavoro. Anzi, si prendeva clienti che potevano essere suoi, e non contribuiva in modo adeguato al mantenimento del figlio disabile che, pur bisognoso di assistenza, aveva cresciuto lui nei lunghi anni di convivenza con Annarita Masella, ex moglie di Correnti ma ormai sua compagna da una vita. Un rancore radicato e inestirpabile nel quale aveva coinvolto il figlio Emiliano, fino al punto di portarlo con sé martedì mattina. Correnti è stato colpito prima alla testa, una serie di colpi che gli hanno sfondato il cranio e lo hanno fatto stramazzare a terra accanto al suo furgone, dove è stato raggiunto da un colpo di pistola vicino alla bocca che lo ha sfigurato. I due sono poi andati via insieme, prima nei pressi dellospedale di Erba a pulirsi gli abiti con uno straccio abbandonato nel parcheggio poi ad una fontanella a lavarsi le mani e al lago del Segrino a gettare larma. Infine a Proserpio, dove Emiliano si è presentato al lavoro al solito orario. Le tracce di tutto questo sono rimaste sulla Seat dei due dElia, già evidenziate dai carabinieri del Reparto Investigativo di Como, mentre i colleghi di Asso recuperavano gli abiti che Carlo dElia aveva infilato in lavatrice appena tornato a casa e, poco dopo, il giubbetto di Emiliano.
di PAOLA PIOPPI
VALBRONA
EMILIANO non aveva il giubbetto. Non sentiva freddo, ha detto subito ai carabinieri che gli hanno chiesto come mai fosse in maniche di camicia, ma non è bastato ad allontanare i sospetti. Anzi, li ha amplificati, mettendoli in relazione con le contraddizioni in cui già stava cadendo il padre, Carlo dElia, nel confessare lomicidio di Antonio Correnti, il suo socio ucciso martedì mattina alletà di 62 anni. Carlo aveva cercato di coprirlo fin da subito, dicendo che quella mattina lo aveva portato al lavoro presto con la loro Ibiza, unica auto della famiglia, per poi tornare in tempo per uccidere Correnti prima dellarrivo degli operai, alle 7.30. I militari della stazione di Erba hanno controllato subito, con il datore di lavoro alla Zaltron di Proserpio, dove il ventenne è assunto come apprendista falegname. Nessuno lo aveva visto arrivare prima del tempo: Emiliano era andato al lavoro al solito orario. Allora la versione del padre, e faticosamente anche del figlio, è cambiata: «Emiliano era in auto - ha detto Carlo dElia - ma io gli ho detto di non scendere, che avrei fatto da solo». Ma poi cera quel giubbetto, nel frattempo ritrovato con una macchia di sangue, e allora ecco una nuova versione, questa volta di Emiliano: «Si, ero in macchina - ha dichiarato quando ormai era notte fonda - ma a un certo punto sono voluto andare a vedere cosa stava succedendo, e sono arrivato nel momento in cui lo stava uccidendo. Volevo impedirglielo, ma ormai era tardi».
NESSUN ALTRO testimone, nessun a poter confermare o smentire una versione ritoccata infinite volte che non li ha salvati da unaccusa di omicidio volontario premeditato in concorso. Carlo dElia lo ha dichiarato chiaramente che da tempo pensava di uccidere Correnti, perché era convinto che lorigine dei suoi guai fosse lui.
LAVORAVANO insieme, ma poi la vittima lo aveva estromesso, e non si decideva a dargli i 1000 euro dellultimo lavoro. Anzi, si prendeva clienti che potevano essere suoi, e non contribuiva in modo adeguato al mantenimento del figlio disabile che, pur bisognoso di assistenza, aveva cresciuto lui nei lunghi anni di convivenza con Annarita Masella, ex moglie di Correnti ma ormai sua compagna da una vita. Un rancore radicato e inestirpabile nel quale aveva coinvolto il figlio Emiliano, fino al punto di portarlo con sé martedì mattina. Correnti è stato colpito prima alla testa, una serie di colpi che gli hanno sfondato il cranio e lo hanno fatto stramazzare a terra accanto al suo furgone, dove è stato raggiunto da un colpo di pistola vicino alla bocca che lo ha sfigurato. I due sono poi andati via insieme, prima nei pressi dellospedale di Erba a pulirsi gli abiti con uno straccio abbandonato nel parcheggio poi ad una fontanella a lavarsi le mani e al lago del Segrino a gettare larma. Infine a Proserpio, dove Emiliano si è presentato al lavoro al solito orario. Le tracce di tutto questo sono rimaste sulla Seat dei due dElia, già evidenziate dai carabinieri del Reparto Investigativo di Como, mentre i colleghi di Asso recuperavano gli abiti che Carlo dElia aveva infilato in lavatrice appena tornato a casa e, poco dopo, il giubbetto di Emiliano.
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