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di GIULIA BONEZZI
— MILANO —
«NEL 25% DEI LOCALI di Milano e provincia si serve alcol contraffatto». Uno su quattro, soprattutto «le grandi discoteche in provincia e i locali frequentati da extracomunitari», denuncia l’assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna. In effetti pochi clienti, al momento dell’ordinazione, si domandano cosa finisca nel mojito, nella Caipiroska o nel gin lemon. E vodka, gin e rum, i superalcolici alla base dei cocktail più popolari che scorrono a litri nelle notti di movida, sono anche quelli a maggior rischio di contraffazione.

L’ALLARME di Landi, lanciato al varo di una campagna di sensibilizzazione insieme all’Unione del commercio, crea scintille col Silb, sindacato milanese dei locali da ballo, che si affretta a garantire che i suoi aderenti versano solo liquori originali. «Ne prendo atto con soddisfazione - ribatte Landi - perché ne va della salute dei ragazzi». E invita i gestori «a fare attenzione a cosa comprano». Del resto l’aveva già detto, spesso anche loro sono tra i truffati: l’alcol di infima qualità può sgorgare da una bottiglia apparentemente identica a quelle delle migliori marche. Solo che vale non più di 50 centesimi di euro, compresi packaging e trasporto, «in gran parte dai Paesi dell’Est» attraverso complicate rotte nave più camion. Gli esperti della Martini&Rossi; - che osservano il fenomeno - spiegano che negli alcolici scadenti possono trovarsi sostanze nocive come metanolo ed etilcarbonato, un residuo che si forma nei distillati di frutta col nocciolo (e a rischio, dice Landi, sono in particolare le vodke aromatizzate, ndr) quando la distillazione è fatta al risparmio. «Con la crisi dei consumi si stanno diffondendo prodotti di bassa qualità che possono essere dannosi - avvertono dall’azienda - La sola difesa è cominciare a guardare quello che si beve, soprattutto nel caso dei cocktail». Sul fenomeno della contraffazione, aggiungono, si possono fare solo stime: «Nel mondo della notte vera è difficilissimo quantificare».

CERTO ESISTE, confermano i Nas di Milano, che qui l’hanno individuata in diverse forme, spiega il loro comandante, capitano Paolo Belgi: alcolici contraffatti all’estero ma anche «importazioni parallele», di bottiglie che magari provengono dalla casa madre, destinate a mercati esteri e fatte entrare in Italia eludendo l’accisa. A volte con un’etichetta aggiuntiva in italiano che ha “gabbato” il rivenditore finale (comunque tenuto a controllare che questa sia a norma di legge). Anche in Italia ci sono “fabbriche” di vino, grappe e altri alcolici che poco hanno delle romantiche distillerie clandestine ai tempi del proibizionismo americano, e molto di un mercato illegale in espansione «nei Paesi comunitari, dove tutte le contraffazioni di alimenti sono in aumento», spiega il capitano Belgi. E quando non si configura la frode sanitaria ma soltanto quella commerciale - come nel caso del vino da tavola spacciato per Barolo e Amarone in Nordeuropa - le sanzioni sono talmente leggere da non costituire un efficace deterrente per un “segmento”che, lo scorso anno, si è posizionato al terzo posto nel mercato parallelo dei prodotti contraffatti, con un giro d’affari di un miliardo 153 milioni in Italia. Se la vodka contraffatta non è una novità - da alcuni anni un celebre marchio svedese fa incidere un codice indelebile sulle sue bottiglie, mentre in Russia un produttore ha introdotto un sistema di controlli via sms -, a Milano desta preoccupazione soprattutto se messo in relazione a un consumo smodato di alcol.Secondo l’Istituto superiore di sanità 335 mila 870 persone (il 30% della popolazione) bevono in modo inadeguato; i forti bevitori sono il 10,7% dei maschi e il 7,7% delle femmine, gli alcolisti il 9,2% degli uomini e l’1,9% delle donne. Per una ricerca recente, citata dall’assessore Landi, l’età media della prima bevuta è 12 anni. Il 34,4% dei ragazzini l’ha già fatto a 11 anni, a 15 l’83,5, e il 40% si è già ubriacato almeno una volta. E il 25% dei milanesi ammette di mettersi al volante dopo aver bevuto. Uno su quattro.