Carbonate, lavora in nero e ottiene il reddito di cittadinanza: primo caso in Lombardia

Operaio 40enne scoperto e denunciato

Lavoro in officina

Lavoro in officina

carbonate, 28 giugno 2019 - I requisiti, ufficialmente, li aveva tutti: italiano, piena età lavorativa, nessun reddito a causa di una persistente disoccupazione. Così l’uomo, un quarantenne nato a Tradate e residente a Carbonate, ha regolarmente presentato la richiesta di accedere all’assegno statale, previsto dal Reddito di cittadinanza per chi ha introiti inferiori agli 8000 euro annui. Tacendo però un dettaglio che la Guardia di finanza ha ritenuto determinate: uno stipendio a tempo pieno, in nero, percepito da una officina meccanica con lavaggio auto della zona. In questo modo, si è guadagnato il primato di essere il primo denunciato in Lombardia per truffa ai danni dello Stato, nella specifica casistica prevista dal decreto legge entrato in vigore lo scorso aprile.

A lui i militari della Compagnia di Olgiate Comasco, sono arrivati facendo una verifica sul luogo di lavoro lo scorso 20 giugno. Un autolavaggio e autofficina dell’Olgiatese che impiegava diverse persone alle sue dipendenze. Una di loro è risultata con un inquadramento contrattuale difforme all’effettivo impiego, mentre il quarantenne è risultato completamente privo di contratto di assunzione. Così, se da un lato il titolare dell’autolavaggio è andato incontro alle relative sanzioni previste per queste casistiche, dall’altro i militari hanno approfondito le situazioni fiscali e contributive dei due lavoratori non in regola. Scoprendo che a fine maggio il quarantenne, disoccupato dal 2016, aveva formalizzato la sua richiesta, inserendo dichiarazioni non vere. I militari ritengono infatti che lavorasse almeno dal settembre scorso, percependo uno uno stipendio che è ancora da quantificare con precisione, ma che comunque corrispondeva a una mensilità di un operaio, stimata al di sopra dei mille euro. La contestazione a cui è andato incontro è di natura penale, ed è regolamentata da uno specifico articolo del decreto legge, che prevede in questi casi una condanna da due a sei anni, con la qualifica di truffa aggravata ai danni dell’ente pubblico.

Inoltre, in caso di condanna, non è possibile ripresentare la richiesta per i successivi dieci anni. Nel frattempo l’iter della domanda presentata dal quarantenne è stato bloccato, prima che gli venisse approvata ed erogata qualunque spettanza, che avrebbe dovuto comunque restituire. Il reato viene comunque considerato consumato, e non solamente tentato, in quanto la domanda contenente dichiarazioni false, era già stata depositata all’ente pubblico e formalizzata.