La battaglia senza sosta di Lucia per tutelare la figlia con disabilità

La ragazza ha più patologie, alcune rare, e non è autosufficiente. Ma per legge il suo caso non rientra fra i "gravissimi"

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Giambattista

Anastasio

Non demorde Lucia Sellitti. In queste settimane è tornata a scrivere. Si è rivolta al neoministro della Salute, Orazio Schillaci, e al sottosegretario dello stesso ministero, Marcello Gemmato: il cuore e la testardaggine di una madre possono più delle poche e contraddittorie risposte arrivate finora da questo o da quell’ufficio governativo, più dei nulla di fatto che hanno fin qui scandito questa storia.

Noi abbiamo iniziato a raccontarla il 29 ottobre 2021, poco meno di un anno fa. Abbiamo iniziato a raccontare, per l’esattezza, la lotta di questa madre per ottenere che la disabilità con la quale convive sua figlia – non autosufficiente e portatrice di malattie rare – sia riconosciuta come gravissima. Che, contestualmente, siano redatti alcuni protocolli che definiscano le modalità con le quali si debba assistere chi si trovi nella stessa condizione di questa ragazza, appena trentenne, soprattutto in alcune circostanze specifiche. E, infine, che sia riconosciuto, tutelato e disciplinato il ruolo dei caregivers famigliari, vale a dire: il ruolo di chi, come Lucia, non può non dedicarsi 24 ore su 24 a sua figlia, proprio perché non autosufficiente. Tutto spiegato dalla stessa Lucia nella lettera pubblicata su queste pagine quel 29 ottobre. Rileggiamola.

"Ad oggi c’è sempre più la necessità di valutare le disabilità in base all’assistenza che queste richiedono. E la valutazione deve essere fatta caso per caso. La definizione di disabilità gravissima rimanda al concetto di autosufficienza – ha sottolineato Lucia –: sarebbe più corretto riferirsi a persone con bisogni complessi e valutare, caso per caso, queste complessità. Nel caso di mia figlia, affetta da diabete adipsico centrale, diabete mellito di tipo 2 e portatrice di altre malattie rare, queste complessità richiedono assistenza continua che, se interrotta, può portare a gravi complicanze o alla morte. Bisogna dunque rivedere i criteri per l’individuazione di queste patologie, anche perché ci sono persone completamente dipendenti da altri: spesso la mamma che, come nel mio caso, per dedicarsi 24 ore su 24 a sua figlia ha rinunciato alla sua vita sociale, lavorativa e di coppia. Questo mi porta a chiedermi chi si occuperà di mia figlia se io non dovessi stare bene. E come mai il mio ruolo non sia riconosciuto a livello legislativo. È frustrante non poter lavorare e sapere che io per lo Stato non esisto. Il miglior riconoscimento che ho è vedere ogni giorno il sorriso di mia figlia. Ma con questo non posso costruirle un futuro. È stato sollecitato anche il Ministero della Salute, affinché questi criteri siano rivisti e sono anni che genitori ed associazioni lottano per il riconoscimento del ruolo del caregiver. È in parte riconosciuto dal decreto 26 settembre 2016 ma c’è ancora da fare e le famiglie attendono risposta".

Il 9 novembre 2021, quindi a distanza di pochi giorni dalla pubblicazione della lettera, era arrivata la risposta dell’Ufficio per le Politiche in favore delle persone con disabilità della presidenza del Consiglio dei ministri: "Siamo riusciti a metterci in contatto con la segreteria del Ministro della Salute (allora era Roberto Speranza ndr). Ci riferiscono che il suo caso è attenzionato dalla competente Direzione per la programmazione sanitaria e che si sta valutando l’inserimento della patologia di sua figlia in uno dei prossimi decreti attuativi della legge Lorenzin ai fini del riconoscimento della stessa come disabilità gravissima". Niente male come risposta. Peccato che i mesi siano poi trascorsi invano. Peccato, soprattutto, che la seconda risposta arrivata dal Governo, dopo diversi solleciti, abbia aperto uno scenario del tutto diverso per l’accoglimento della richiesta di Lucia. A firmarla, a febbraio 2022, è Erika Stefani, allora ministro per la Disabilità: "La revisione del decreto ministeriale del 2016 coinvolge diversi ministri ed è necessaria anche l’intesa con le Regioni e gli Enti locali. Per questo ho preso l’iniziativa e ho subito chiesto ai colleghi Ministri del Lavoro e della Salute di attivare la procedura di revisione del provvedimento, così da ricomprendervi situazioni gravi come quella da lei segnalata". A questo punto la domanda è sorta spontanea: qual è la risposta giusta tra le due arrivate da Palazzo Chigi? Qual è il canale giusto entro il quale deve essere inserita, seguita ed esaudita la richiesta di Lucia? Perché tanta confusione, tanta sciatteria? Le domande sono rimaste tali, il Governo invece è cambiato. Da qui l’iniziativa di Lucia che, senza perdersi d’animo, ha scritto al ministro della Salute e al sottosegretario. La richiesta è la stessa: una ragazza con diabete adipsico centrale, diabete mellito di tipo 2 e altre malattie rare che le impediscono di essere autosufficiente può essere considerata una persona con disabilità gravissima? Al Governo Meloni rispondere.