Como, incursione Naziskin al Chiostrino: condannati in tredici

Il giudice pronuncia pene più severe di quelle chieste dal pm per i responsabili del blitz al Chiostrino

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Condanne più elevate rispetto a quanto chiesto dal pubblico ministero per i 13 appartenenti al movimento Veneto Fronte Skinheads, finiti a processo a Como con l’accusa di violenza privata per l’incursione avvenuta la sera del 28 novembre 2017, nel Chiostrino di Santa Eufemia. Condanna a un anno e 9 mesi per Moreno Caccia, 47 anni di Faloppio, a cui era anche contestato di essere l’organizzatore, e per Ivan Sogari, 34 anni di San Benedetto Po, un anno e 8 mesi per gli altri: Dario Licotti, 42 anni di San Fermo della Battaglia e Paolo De Lazzer, 48 anni di Como, William Reccagni, 48 anni di Concesio, Maximilian Tinelli, 40 anni di Rossiglione-Genova, Alfredo Emanuele Meroni, 44 anni di San Giorgio Piacentino, Alessandro Magnoni, 55 anni di Cassano Magnago, Thomas Imprezzabile, 36 anni di Piacenza, Giorgio Gardella, 37 anni di Montebruno-Genova, Manuel Foletti, 34 anni di Piacenza, Luca Bellini, 41 anni di Castel Goffredo-Mantova, e Federico Aradori, 29 anni di Ospitaletto. Per loro il pm Simona De Salvo aveva chiesto condanne variabili tra un anno e un anno e 4 mesi, ma il giudice Alessandra Mariconti ha quantificato al rialzo, al termine di un processo che si è svolto con rito abbreviato, rinunciando ai testimoni e con la garanzia di uno sconto di pena nella quantificazione finale. Nel processo erano costituiti parte civile 12 dei 13 volontari presenti quella sera, assistiti dall’avvocato Gianluca Giovinazzo, oltre ad Anpi e Arci: è stata disposta la liquidazione dei danni in separata sede per le persone fisiche, esclusa per le associazioni. Quella sera i 13 imputati avevano fatto irruzione nel chiostrino, dove era in corso una riunione dei volontari, obbligandoli a rimanere in silenzio ascoltando la lettura di un comunicato, che stigmatizzava l’attività di assistenza ai migranti portata avanti dall’Associazione Luminanda, che all’epoca gestiva lo spazio in centro città. Si erano ripresi loro stessi in un video fatto circolare su internet, dal quale la Digos della Questura di Como, aveva iniziato le indagini per la loro identificazione, in un periodo in cui incursioni di questo genere, in cui spesso comparivano gli stessi soggetti, erano state organizzate in diverse parti d’Italia.