Il ricordo di Ramelli si tinge di nero

Una rievocazione accompagnata, come sempre, da mille polemiche quella legata al ricordo di Sergio Ramelli, il giovane studente militante del Fronte della Gioventù che il 13 marzo del 1975 venne aggredito da un gruppo di militati di Avanguardia operaia e morì il successivo 29 aprile, ricordato ogni anno a Como dai militati di estrema destra che si danno appuntamento in città da tutta la Lombardia nel tratto della passeggiata sul lungolago che porta il suo nome. "È inammissibile che anche quest’anno si sia svolta questa parata organizzata dall’estrema destra, strumentalizzando il tragico episodio in cui ha perso la vita un giovane ragazzo – ha rivolto il suo appello alla questura e al prefetto l’Anpi di Como - Non è ammissibile che Como città Messaggera di pace e sede del Monumento alla Resistenza europea debba subire una parata inquadrata militarmente a ritmo di tamburo, il rito del "presente", l’utilizzo e l’esaltazione di simboli e slogan che si richiamano al fascismo, saluti romani compresi. Commemorare Sergio Ramelli è umanamente legittimo. Altra cosa è utilizzare questo triste evento per trasformarlo in parata apologetica del regime fascista, che nulla ha a che fare con la pietà umana".

Oggi saluti romani, camice nere e tutto l’armamentario dell’estrema destra potrebbero tornare a sfilare in Tremezzina, di fronte al cancello di Villa Belmonte dove, la prima domenica dopo il 28 aprile, ormai da alcuni anni nella parrocchia di Sant’Abbondio di Mezzegra si celebra una messa in suffragio di Benito Mussolini e Claretta Petacci. Negli ultimi due anni l’appuntamento è saltato per colpa del Covid, ma quest’anno potrebbe essere la volta buona, si fa per dire.

Roberto Canali