Como, genitori rigidi e aggressivi: tolti i quattro bimbi

Dopo l’allontanamento si sono mostrati premurosi e attenti: educavano i ragazzi come era toccato a loro

una bimba che piange

una bimba che piange

Como, 24 gennaio 2022 - Un metodo educativo rigido, punitivo, aggressivo davanti ai comportamenti dei figli ritenuti sbagliati, ai gesti che non dovevano ripetere. La stessa educazione ricevuta dai loro genitori, condivisa con i parenti e gli amici, anche quelli che, come loro, hanno scelto di vivere in Italia. Senza comprendere che per la legge del loro nuovo Paese, quelle condotte sono considerate reato. Così il Tribunale di Como ha disposto l’allontanamento di due genitori di origine nordafricana, dai quattro figli, di età compresa tra i 3 e i 15 anni, collocati in comunità. Al padre e alla madre, ora indagati per maltrattamenti in famiglia, il gip di Como ha concesso di poter tornare a vivere nella loro casa.

A chiedere aiuto qualche settimana fa, è stato il ragazzino più grande, stanco delle continue botte che riceveva dal padre, per ogni minima cosa in cui, secondo i genitori, non si mostrava perfetto: il 6 anziché 8 nel compito in classe, le scarpe che non toglieva appena entrato in casa, i suoi tentativi di difendere i fratelli e le sorelle più piccoli. Giorno dopo giorno quel ragazzino, che non poteva fare a meno di confrontarsi con gli amici, osservare i loro genitori, misurare le loro felicità, ha iniziato a desiderare di avere una famiglia diversa

Genitori che lo sostenessero anziché punirlo, che gli facessero dei complimenti anziché picchiarlo, anche a cinghiate. Un padre e una madre che, come è emerso dall’interrogatorio di garanzia sostenuto dopo l’esecuzione dell’allontanamento, si sono mostrati premurosi e attenti ai figli, con la volontà di crescerli nel giusto. Senza tuttavia comprendere che uno di loro, il più grande, non ce la faceva più a sopportare quella vita e le violenze continue. Ha chiamato il Telefono Azzurro, chiesto aiuto alla madre della sua fidanzatina, ha messo un biglietto nella cassetta di aiuto psicologico della scuola. Poi ha raccontato tutto alla polizia, mostrando coraggio e senso di responsabilità per sé e per i fratelli.