Campione, salta il banco: fallito il casinò

Il giudice fa interrompere l’attività della casa da gioco più grande d’Europa. L’indagine per peculato, i 132 milioni di debiti e il destino nero dei 487 dipendenti

Il Casinò Campione d'Italia

Il Casinò Campione d'Italia

Campione d'Italia (Como), 28 luglio 2018 - Il casinò di Campione d’Italia è fallito. La decisione è giunta ieri dal Tribunale Civile di Como, al termine di una serie di provvedimenti e tentativi (vani) di salvataggio, e ha imposto la cessazione immediata dell’attività. A questo epilogo, il primo caso nella storia delle case da gioco in Italia, rimangono appesi debiti per 132 milioni di euro accumulati alla data del 30 aprile, di cui 42 nei confronti del solo Comune di Campione. E vi rimane appeso anche il destino di 487 dipendenti, che ieri si sono riuniti in assemblea, senza poter ricavare alcuna prospettiva di ciò che li aspetta. Con la dichiarazione di fallimento sono stati nominati i tre curatori fallimentari, i commercialisti Sandro Litigio e Giulia Pusterla di Como, e Elisabetta Brugnoni di Milano, che ora dovranno valutare come procedere, e se chiedere al giudice delegato per il fallimento, Alessandro Petronzi, un eventuale esercizio provvisorio.

La storia di questo clamoroso e temuto crac - che colpisce il più grosso casinò d’Europa, fondato nel 1917 - parte da una macroscopica situazione debitoria, arrivata all’attenzione della Procura di Como attraverso l’esposto presentato oltre un anno fa dall’attuale sindaco di Campione, Roberto Salmoiraghi, all’epoca consigliere di minoranza: denunciava ritardi di pagamento delle decadi obbligatorie che la casa da gioco è tenuta a versare al Municipio, in base a una convenzione rinnovata nel 2015. Ne erano nate un’indagine per peculato ancora aperta, la ricostruzione dei bilanci e della gestione finanziaria insolvente, l’istanza di fallimento presentata dal procuratore capo di Como Nicola Piacente e dal sostituto Pasquale Addesso. Ma non solo: recentemente il fronte di indagine si è aperto a un’ipotesi di bancarotta a carico dell’amministratore unico del Casinò, Marco Ambrosini, e del sindaco di Campione, che coinvolge anche alcuni funzionari di banca, relativamente a un’operazione finanziaria portata avanti a dicembre per cercare di aprire nuovi canali di introiti rivolti alla clientela.

Nel frattempo, già il 12 marzo era stato stabilito che per la società la procedura di fallimento era possibile, in opposizione a quanto sostenuto dai legali della casa da gioco, e l’ammissione al concordato preventivo. I giudici avevano infatti escluso che la Società di Campione potesse essere considerata al pari di un ente pubblico, equiparandola a una realtà che opera sul mercato come un normale soggetto di diritto privato. Il 25 maggio era stata chiesta una proroga con scadenza il 25 luglio, ma mercoledì i rappresentanti del casinò avevano chiesto un ulteriore temporeggiamento, arrivando a mani vuote.

Di qui la decisione del Tribunale Civile, che ha fatto chiudere i battenti alla casa da gioco, ribadendo la «cospicua esposizione debitoria» nei confronti delle banche, dell’Agenzia delle Entrate e del Comune di Campione d’Italia, che hanno provocato un ribaltamento dei ruoli: la gestione della casa da gioco non è più stata in grado di raggiungere il proprio scopo sociale, il pareggio di bilancio del Comune, con il venir meno della finalità per cui è stata creata.