Massimo Riella, evaso "coperto" nella fuga: coppia gli offrì un caffè, finisce a processo

Dosso del Liro (Como), marito e moglie ora sono accusati di favoreggiamento per aver rifocillato l’evaso durante la fuga il 12 marzo

Massimo Riella arrivò dalla coppia sabato 12 marzo poche ore dopo la fuga

Massimo Riella arrivò dalla coppia sabato 12 marzo poche ore dopo la fuga

Dosso Del Liro (Como) - ​Un caffè offerto a Massimo Riella la sera della sua evasione dal cimitero di Brenzio, e una banana che lui stesso aveva preso dal portafrutta senza chiedere il permesso, costano ora un processo per favoreggiamento alla coppia che gli aveva aperto la porta di casa sabato 12 marzo, poche ore dopo che il quarantottenne era riuscito a sfuggire alla scorta della polizia penitenziaria che lo stava portando a far visita alla tomba della madre nel piccolo cimitero in alto lago.

Alessandro Ieri, 50 anni e la moglie Romina Pisolo, 43 anni, secondo le accuse del sostituto procuratore di Como Alessandra Bellù, lo avevano accolto in casa, rifocillato e ospitato, mettendogli a disposizione un telefono cellulare. Ma ora che si avvicina la data del processo, i due indagati, attraverso una memoria difensiva depositata dal loro avvocato, Arnaldo Giudici, cercando di difendersi. Innanzi tutto dicendo che non avevano minimamente idea che Riella fosse scappato, e che stavano accogliendo in casa loro un evaso dal carcere.

Lui in qualche modo, non lo aveva nascosto: "Sun scapà", ("Sono scappato"), aveva detto in dialetto e ridendo mentre si trovava sull’uscio dei due coniugi. Ma loro pensavano che stesse scherzando e non gli avevano dato peso. Quel passaggio veloce da casa, offrire un caffè, consentire di digitare un numero sulla tastiera del telefono e non opporsi al prelievo di una banana dal portafrutta, secondo la difesa non sono condotte che possono configurare una volontà di intralciare le indagini.