Un piano studiato per uccidere don Roberto Malgesini

Como, per l’accusa l'omicidio volontario è sttao premeditato. Il consulente: Mahmoudi sano di mente

Don Roberto Malgesini

Don Roberto Malgesini

Como, 10 febbraio 2021 - Ridha Mahmoudi era perfettamente consapevole di ciò che faceva, quando ha deciso di uccidere don Roberto Malgesini. Il 15 settembre, quando ha aspettato il sacerdote davanti alla parrocchia di San Rocco, aveva in testa il suo piano, su cui ragionava da giorni. Una ricostruzione a cui sono giunte le indagini coordinate dal sostituto procuratore Massimo Astori, che ha concluso le indagini contestando a Mahmoudi, tunisino di 53 anni, l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, oltre al porto in luogo pubblico del coltello utilizzato per commettere il delitto.La consulenza psichiatrica , svolta dal dottor Nicola Molteni su incarico della Procura, ha stabilito che l’uomo non è affetto da nessun disturbo psichico: dai colloqui, ai quali l’indagato non si è sottratto, è emersa una normale consapevolezza e capacità di ragionamento. Niente sconti quindi per l’omicida di don Roberto, ucciso a 51 anni a coltellate mentre stava caricando la sua auto per fare il giro delle colazioni dei senza fissa dimora.

Mahmoudi lo aveva già avvicinato il giorno precedente, preoccupato per l’udienza che avrebbe avuto davanti al Giudice di Pace il giorno stesso del delitto, che avrebbe potuto determinare, secondo i suoi timori, l’espulsione dall’Italia. Ma il sacerdote non aveva percepito in lui quella rabbia che la mattina successiva gli si sarebbe riversata contro. Nonostante lo aiutasse da tempo, si era convinto che lui e il suo avvocato non avevano fatto abbastanza per lui. Dopo aver acquistato il coltello, un modello da cucina con una lama da 22 centimetri, è andato a cercare l’avvocato, suo primo obiettivo. Senza trovarlo. Ha quindi deciso di uccidere il sacerdote, arrivandogli alle spalle. Lo ha colpito al collo e poi al torace quando don Roberto si è voltato verso di lui, raggiunto da un fendente che gli ha attraversato il polmone: il più grave, quello mortale stabilirà l’autopsia. Mahmoudi, detenuto nel carcere di Monza e assistito dall’avvocato Noemi Mariani di Monza, non ha mai avuto una parola di dispiacere o di rammarico per ciò che ha fatto.