Lusso sfrenato e miseria: l’eterno dissidio di Como

Città di frontiera a 360 gradi. E chi si mette al servizio degli ultimi rischia. Vent’anni fa l’omicidio di don Renzo Beretta accoltellato da un tunisino

Don Renzo Beretta

Don Renzo Beretta

Como, 16 settembre 2020 - Vent’anni fa a Ponte Chiasso, ieri a San Rocco. Allora come oggi protagonisti due parroci, due preti orgogliosi di stare dalla parte degli ultimi e uccisi per mano di coloro che fino all’ultimo avevano giurato di proteggere. C’è un filo rosso che lega il sacrificio di don Renzo Beretta, ucciso il 20 gennaio del 1999 sul sagrato della chiesa di Ponte Chiasso, e la morte di don Roberto Malgesini assassinato ieri mattina. Don Renzo è stato ucciso a coltellate da un immigrato nordafricano, allora non era ancora di moda il termine migrante, al quale aveva risposto di passare più tardi perché era impegnato in parrocchia, don Roberto dai fendenti di un tunisino, che prima aveva e poi ha perso il permesso di soggiorno. "Non è nulla, voleva solo spaventarmi.." sono state le ultime parole di don Renzo raccolte da chi l’ha soccorso ormai esanime, mentre don Roberto se n’è andato da solo, a tu per tu con il suo assassino mentre caricava il furgone con le brioche, i dolci, il the e caffè da portare a chi si risveglia dopo una notte trascorsa in strada.

Chi non si è ancora risvegliata e anzi è al centro di un incubo è Como, città di confine ma pur sempre una delle più ricche d’Italia dove c’è chi a tutto, forse troppo, e chi troppo poco. Una contraddizione che don Renzo e don Roberto hanno provato a risolvere rimboccandosi le maniche, senza mai negare il loro aiuto a quegli ultimi che per loro sono sempre stati uomini e donne, mai problemi. Nella città bagnata dal lago e benedetta da George Clooney anche lunedì sera, a una manciata di ore dall’assassinio di don Roberto, si è discusso sull’opportunità di costruire una grande cancello per impedire l’ingresso ai migranti sotto i portici di San Francesco divenuto rifugio per i disperati, dove l’assessore pochi giorni fa ha “strappato“ la coperta del giaciglio di un clochard. Una proposta della Lega che è la stessa che negli ultimi due anni si è battuta per chiusura del centro di accoglienza dei migranti in via Regina Teodolinda, a duecento metri dalla parrocchia di San Bartolomeo e in piazza San Rocco un paio di anni fa, sempre per cacciare migranti anzi "gli irregolari" ha fatto togliere le panchine, la fontanella e anche i due bagni chimici che proprio don Roberto aveva sistemato per i suoi ragazzi.

Il don che non ci stava si prese anche una multa dai vigili e la pagò in silenzio, continuando a tenere aperta la porta della canonica a chiunque gli chiedeva aiuto. "Un’altra tragedia colpisce la nostra città – è intervenuto ieri il sindaco di Como, Mario Landriscina che ieri mattina è stato uno dei primi a recarsi in piazza San Rocco –. Quanto è accaduto ci priva in maniera così brutale di un sacerdote, di una persona, di un nostro concittadino, che ha dedicato la sua stessa esistenza, senza risparmio, a quella degli altri. La nostra città è già stata drammatico teatro di un precedente terribile episodio a seguito della morte, per mano anche allora violenta, di Don Renzo Beretta che ha perso la vita mentre operava a sostegno degli ultimi, degli umili e dei deboli. E ancora una volta la nostra gente è chiamata a farsi carico della sofferenza e del dolore. Questa morte ci trova ancora una volta lacerati, attoniti e perduti mentre cerchiamo invano spiegazioni e responsabilità". Per qualcuno quella di don Roberto non è stata altro che la cronaca di una morte annunciata in una città dove ogni notte decine di persone dormono per strada, alcune delle quali affette da gravi problemi psichici. Dissero la stessa cosa vent’anni fa alla morte di don Renzo. Dopo quattro lustri siamo punto e a capo.