Coronavirus, il Canton Ticino imita l’Italia e chiude anche bar e negozi

Dopo le scuole stop anche agli esercizi commerciali. Intanto al confine crolla il transito delle merci e delle persone mentre si allugano i tempi

Controlli alla dogana

Controlli alla dogana

Como, 15 marzo 2020 - Per una volta la Svizzera ha deciso di copiare l’Italia e nella guerra contro il Covid-19 anche oltreconfine hanno deciso di chiudere, dopo le scuole, anche i bar e i negozi. Il virus infatti sembra essere impermeabile al confine, anzi a guardare i numeri il Canton Ticino è un focolaio addirittura più grande delle vicine province di Como e Varese da cui provengono gli oltre 70mila frontalieri che continuano a fare la spola per garantire la produzione nelle fabbriche e anche il funzionamento degli ospedali, visto che quasi 4mila sono medici, infermieri o tecnici e operai delle industrie farmaceutiche. Ormai solo a loro è garantito il passaggio al confine, tra l’altro dalle dogane più grandi visto che la Confederazione già all’inizio della settimana aveva chiuso ben nove valichi minori. Dalle 15.30 di venerdì al confine sono scattati i controlli sistematici resi possibili dagli accordi di Schengen quando ci sono pericoli alla sicurezza nazionale: il risultato è che 288 persone provenienti dall’Italia sono state rispedite indietro. L’Amministrazione federale delle dogane precisa che possono attraversare il confine gli svizzeri che devono rientrare in patria e i frontalieri, a patto che siano in possesso del permesso G. È poi consentito l’ingresso e l’attraversamento della Svizzera, per andare in Nord Europa, per motivi di lavoro che però vanno dimostrati.

Il direttore dell’Amministrazione federale delle dogane, Christian Bock, ha spiegato che per via dei controlli i tempi di sdoganamento sono sensibilmente aumentati. "Assistiamo a un calo del traffico delle merci in transito – ha spiegato – anche del 60%. Nel traffico commerciale si registra, almeno da parte elvetica, uno sdoganamento normale. L’ingresso delle persone è passato da 69mila valichi giornalieri a 28mila. Un calo notevole, le persone che attraversano il confine sono coscienti di quanto sta accadendo e seguono le indicazioni degli agenti". Rassicurazioni che non tranquillizzano molti frontalieri e anche la Lega, che insieme a quaranta sindaci della provincia di Como chiede al Presidente del Consiglio Conte di "tutelare la salute dei nostri frontalieri, che ogni giorno si recano per esigenze lavorative in Svizzera". "Già in occasione dei primi provvedimenti avevo posto all’attenzione del Governo la necessità di considerare la peculiare condizione dei nostri frontalieri, aprendo un rapporto con le autorità svizzere – precisa Mauro Guerra, sindaco di Tremezzina e presidente di Anci Lombardia –. È ora indispensabile che, tra i due Stati, vengano condivise iniziative coordinate".