ARCENE (Bergamo)
Assolta perché il fatto
non sussiste. Per Carmen Testa, il pm Carmen Santoro aveva chiesto la condanna
a 5 anni e la confisca.
La 64enne, ex operaia, vedova, di Arcene, era a processo
per falso e riciclaggio per aver riportato in Italia il denaro del marito, secondo l’accusa frutto
di bancarotta. Ma la difesa, avvocati Gabriele Casartelli
e Matteo Bandello, ha avuto ragione. Di conseguenza
è stato disposto il dissequestro immediato di un “tesoretto“ che si aggira sui 14 milioni.
Nella vicenda si intrecciano due filoni, tra la voluntary disclosure del marito e l’ipotesi di falso e riciclaggio. Il marito Pio Giuseppe Previtali, impresario edile morto
nel 2007 a 50 anni, le lasciò una fortuna. Lei nel 2015 portò in Italia 9 milioni custoditi
a Lugano e intestati
a una società offshore
del Belize, chiudendo la pratica con 600mila euro pagati all’Agenzia delle Entrate.
È possibile e lecita, con la voluntary, l’autodenuncia
di detenere all’estero capitali provento per lo più di evasione fiscale. Previtali patteggiò (sentenza definitiva nel 2005) per associazione a delinquere finalizzata alle false fatture
e per bancarotta fraudolenta. Una parte di questi reati non è contemplata dalla voluntary.
Secondo l’accusa la moglie
lo sapeva, era a conoscenza dei strani “giri“ del marito
e nonostante questo è ricorsa alla voluntary però, per gli inquirenti, ostacolando l’identificazione e la provenienza del denaro, senza fornire alcun riferimento. Cosa non vera per la difesa, secondo la quale manca la prova che
il capitale riportato in Italia sia frutto dei reati per cui il marito patteggiò e, comunque,
la moglie non lo sapeva.
F.D.