Doping al Giro, Santambrogio patteggia per le sostanze proibite

Condannato anche il fonritore che falsificava i certificati medici

Mauro Santambrogio

Mauro Santambrogio

Inverigo (Como), 14 maggio 2015 - Era stato trovato positivo al test antidoping, dopo la prima tappa del Giro d’Italia, il 4 maggio 2013 a Napoli. Mauro Santambrogio, 30 anni, ciclista professionista di Inverigo, ieri ha patteggiato 4 mesi di condanna, con pena sospesa, per l’acquisto e l’assunzione di quelle sostanze, avvenuta nel Comasco. Assieme a lui, ha patteggiato un anno e 8 mesi di condanna, sempre con pena sospesa, il suo fornitore di farmaci, Stefano Pozzi, 44 anni di Olgiate Comasco.

L'indagine era partita da quell’esito positivo, emerso al termine della tappa di due anni fa: il primo fascicolo fu aperto dalla Procura di Firenze, con l’ipotesi che Santambrogio avesse ottenuto i farmaci mentre si allenava, e quindi dove aveva sede la squadra di cui faceva parte all’epoca, la Vini Fantini – Selle Italia, di Pistoia. Tuttavia gli accertamenti successivi, e le stesse dichiarazioni del ciclista, avevano portato a stabilire che l’assunzione era avvenuta a Como, e a metterlo in relazione con Pozzi. Quest’ultimo, nel frattempo, era già finito nel mirino di un’indagine parallela, in seguito alla denuncia della Asl che aveva notato numerose anomalie, riconducibili alle prescrizioni mediche con le quali andava in farmacia ad acquistare i farmaci. In particolare, figurava ripetutamente l’Eritropoietina, ormone che favorisce la produzione di globuli rossi, e che quindi ha una grande efficacia nel recupero della stanchezza. Per ottenere questi farmaci, destinati a malati sotto stretto controllo medico, Pozzi alterava prescrizioni mediche che intestava al padre, rivolgendosi a medici di volta in volte differenti, soprattutto in servizio alla guardia medica. Tuttavia, l’Asl a cui le farmacie inviavano la prescrizione, si era accorta di una anomalia ricorrente: le prescrizioni di questo genere di farmaci devono essere fatte con ricetta esclusiva, e trovare un corrispettivo in un piano di cura intestato al paziente, che il medico curante trasmette all’azienda sanitaria.

Per le prescrizioni riconducibili a Pozzi, non c’era niente di tutto questo: i farmaci comparivano in coda ad altre medicine ordinarie, e a carico del padre non c’era alcun piano di cura. Sono quindi stati sentiti i medici che avevano firmato i moduli, i quali hanno tutti negato di aver prescritto anche quel farmaco. Pozzi è stato così accusato di aver falsificato un cinquantina di certificati medici, oltre alla cessione agli atleti, tra cui appunto Santambrogio. Episodi che sarebbero avvenuti tra gennaio e aprile del 2013, ad Anzano del Parco e Olgiate Comasco. Difeso dagli avvocati Angelo Giuliano, Roberto Bianchi e Roberto Alberio, ha deciso di patteggiare ieri, assieme al ciclista erbese, davanti al gup di Como Maria Luisa Lo Gatto.