Campione, in centinaia sfilano per le strade del paese. "Ma dove sono i politici?"

La verità è che ormai si sentono abbandonati dopo la chiusura della casa da gioco

La manifestazione a Campione

La manifestazione a Campione

Campione d'Italia (Como), 8 agosto 2018 - Ieri mattina in piazza erano in tanti, a sfilare per le vie del paese dove bar e negozi sono rimasti chiusi in segno di solidarietà, ma la verità è che si sentono abbandonati, soprattutto dalla politica, i dipendenti del Casinò Campione d’Italia chiuso dal 27 luglio scorso per ordine del giudice fallimentare di Como. «I lavoratori hanno dato una risposta straordinaria anche oggi è la politica a essere lontana – spiega Angelo Cassani, segretario regionale della Confsal – Ci saremmo aspettati di vederli sfilare in prima fila i nostri politici, alla testa di un corteo di cittadini e lavoratori che non hanno più certezze sicuramente per colpe che non sono le loro. Invece nessuno ha risposto.

La crisi del casinò è solo una parte del problema, qui c’è un intero paese che rischia di morire». Anche per questo i lavoratori e i cittadini di Campione, che poi sono quasi la stessa cosa, nelle due ore e passa di manifestazione non hanno mai smesso di urlare e sottolineare, battendo coperchi e pentole, che «Campione è d’Italia», come a ribadire che comunque la si voglia mettere prima o poi da Roma dovranno decidersi a voltare la testa e vedere quel che sta accadendo qui. La giustizia per ora ha le mani legate, nel casinò deserto da dieci giorni sono rimasti solo i curatori per l’inventario dei beni in attesa dell’adunanza dei creditori fissata il prossimo 28 gennaio. Nessuno però osa neppure immaginare di dover attendere fino ad allora. «Mio padre, che ha lavorato qui, mi raccontava della chiusura del casinò nel 1983, mai avrei immaginato di dover vivere sulla mia pelle questa situazione – spiega Paolo Bortoluzzi, della Rsu Cgil – Non chiediamo aiuti, ma solo di poter lavorare, il nostro debito ce lo ripagheremo da soli.

Chiusi non serviamo a niente, il casinò sarà nei guai ma quando è aperto guadagna dai 200 ai 300mila euro al giorno. Gli unici a trarre vantaggio da questa situazione sono le altre case da gioco elvetiche, i nostri giocatori stanno andando lì. Ci perdiamo noi, ma anche lo Stato che non incassa dalle imposte sul gioco e se continua a lasciarci a casa dovrà mantenere 600 famiglie con i sussidi sociali». Si è sfilato per le vie di Campione, da piazzale Maestri Campionesi fino al grande arco all’ingresso del paese e poi di nuovo indietro fino al casinò, ma il pensiero era a Roma. «Occorre l’intervento del Ministero dell’Interno che è responsabile della concessione per poter riaprire – spiega Giovanni Fagone della Cgil – poi insieme alle nostre segreterie nazionali stiamo cercando di avere un incontro al Mef e al Mise. I lavoratori hanno dimostrato di avere un grandissimo senso di responsabilità, ma non possiamo esasperarli, c’è un’intera comunità a rischio».