Profughi a Como, caserma inadeguata: ipotesi tendopoli al parco

"Con questi numeri la situazione non potrà essere gestita a lungo, in due settimane abbiano più che raddoppiato le presenze. E' necessaria una presa di coscienza a livello nazionale"

I profughi sono arrivati a quota cinquecento

I profughi sono arrivati a quota cinquecento

Como, 9 agosto 2016  - Che la caserma De Cristoforis sia una soluzione inattuabile per l’accoglienza dei migranti del Corno d’Africa, lo hanno compreso ormai tutti. È bastato fare l’ennesimo giro alla stazione San Giovanni, per ricordarsi quanto queste decine di persone, giunte ieri a quota 500 presenze, abbiano il solo obiettivo di salire sul treno e andare in Svizzera. Nessuno riuscirà quindi a convincerli ad attraversare la città e percorrere un chilometro per andare a dormire al chiuso. Si fa quindi strada la possibilità di realizzare una tendopoli ai giardini della stazione. Si tratterebbe di strutture ben attrezzate, già utilizzate in condizioni di emergenza, tra cui terremoti, e quindi già disponibili senza grossi sforzi né dispendio economico. Anche perché, tra esattamente un mese, alcuni spazi che in questi mesi sono stati utilizzati per la gestione dei migranti, non saranno più disponibili.

Per esempio gli oratori delle parrocchie, oppure le docce della palestra del Collegio Gallio, che torneranno ad essere utilizzate dall’istituto scolastico. «Con questi numeri – dice il sindaco di Como, Mario Lucinila situazione non potrà essere gestita a lungo. In due settimane abbiamo più che raddoppiato le presenze. Nonostante il coordinamento che si è creato, siamo molto preoccupati per l’aumento esponenziale dei numeri e la carenza di luoghi adatti all’accoglienza». A Como si è creata une vera a propria rete di intervento, che coinvolge più realtà.

«La mobilitazione della cittadinanza – prosegue Lucini - dei volontari e delle associazioni, lo sforzo di coordinamento di Prefettura e Comune, il prezioso impegno delle forze dell’ordine, non sono sufficienti a garantire, nel lungo periodo, risposte adeguate. È necessaria una presa di coscienza del problema a livello nazionale, per la gestione degli afflussi in città, per l’attivazione dei necessari contatti a livello internazionale e per l’adozione di indispensabili misure di supporto a quanto già messo in campo dal territorio». A questo si aggiunge il problema dei minori non accompagnati. Sono 70 attualmente in carico al Comune di Como, con un costo sociale crescente: «Si parla di un centinaio di euro al giorno – spiega Bruno Magatti, assessore alle Politiche Sociali – di cui solo 40 ci vengono rimborsati dallo Stato. Per noi equivale a una spesa di 150mila euro al mese».<WC>

Il vero problema, che preoccupare tutti nella prospettiva di trovare soluzioni adeguate, è il messaggio che si sta generando con le condotte adottate dalla Svizzera: ogni giorno, qualcuno riesce a passare, creando così un tam tam di speranza che si traduce in un flusso sempre più consistente di migranti verso Como. «Conoscono il trattato di Dublino – prosegue Magatti – ognuno di loro sa dove andare in base ai suoi requisiti. In questo momento il nostro obiettivo è sicuramente trovare una soluzione, ma allo stesso tempo salvaguardare la stazione e il servizio pubblico che deve essere garantito».