Movida a Cantù, bagarre in aula: il caso all'Antimafia

I parlamentari 5 Stelle: "Alta attenzione al fenomeno"

La movida di Cantù era stata all’origine dell’inchiesta

La movida di Cantù era stata all’origine dell’inchiesta

Cantù (Como), 16 febbraio 2019 - ​«Quanto accaduto qualche giorno fa al Tribunale di Como, dove il Presidente ha ordinato lo sgombero dell’aula in seguito a boati e gesti scomposti dei parenti di alcuni imputati per ‘ndrangheta, è molto grave e merita tutta l’attenzione della Commissione Antimafia». In una nota depositata alla Commissione Parlamentare Antimafia, i parlamentari del Movimento 5 Stelle commentano quanto accaduto martedì, durante il processo in corso davanti al Tribunale Collegiale, contro nove imputati, accusati di aver commesso aggressioni, minacce e atti intimidatori, commessi tra 2015 e 2016, con modalità mafiose, in centro a Cantù durante le serate della movida.

«Continueremo – prosegue la nota - a seguire con il massimo scrupolo sia questa vicenda che, in generale, il fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nei territori del Nord. Negli ultimi anni si sono moltiplicati i casi di atti mafiosi nelle Regioni del Settentrione, e adesso che questa escalation si accompagna anche a questi gesti senza pudore e tracotanti, occorre intervenire subito anche sul piano culturale». Il processo, scaturito da un’indagine condotta dalla Dda di Milano, e stralciato in relazione a questi accadimenti del Canturino, proseguirà ogni martedì: in aula è stata ormai prevista la presenza fissa dei carabinieri, non solo per intervenire in caso di momenti di agitazione, come avvenuto nell’ultima occasione, ma anche per identificare i presenti: parenti, mogli o fidanzate degli imputati.

Nello specifico, si era alzata un’ondata di applausi e grida contro il pubblico ministero della Divisione Distrettuale Antimafia, in seguito a una contestazione sollevata da un avvocato durante l’interrogatorio di un testimone che manifestava atteggiamenti di reticenza. L’aula era stata sgomberata, ma le proteste erano proseguite per alcuni minuti anche nell’atrio. In osservanza del Decreto Orlando, gli imputati seguono il processo in videocollegamento dal carcere di Opera: un provvedimento che al il fine di limitare i possibili condizionamenti dei testimoni.