Cantù, tifo pro imputati in aula: "Così nemmeno a Locri"

Processo su aggressioni e minacce in pieno centro, il pm sbotta

Carabinieri a Cantù

Carabinieri a Cantù

Cantù (Como), 13 febbraio 2019 - Parenti  degli imputati espulsi in blocco dall’aula martedì, durante il processo in corso davanti al Tribunale Collegiale di Como contro nove imputati, accusati di aver commesso aggressioni, minacce e atti intimidatori, commessi tra 2015 e 2016, con modalità mafiose, in centro a Cantù durante le serate della movida. Lo scontro è avvenuto durante la testimonianza di Daniele Scolari, 31 anni di Misinto, all’epoca dei fatti buttafuori nella discoteca Spazio Renoir di piazza Garibaldi.

Chiamato a rispondere in merito a risse e pestaggi che avvenivano all’interno del locale, o in sua prossimità, il testimone ha costellato le sue risposte di "Non so… non ricordo… non credo… non sono cose che mi interessano… non ho visto niente di particolare", fino a essere richiamato dal pubblico ministero della Dda di Milano, Sara Ombra, che con toni determinati lo ha invitato a rispondere con completezza. Sollevando così l’intervento di un avvocato, Ivana Anomali, che ha invocato toni meno aggressivi nei confronti dei testimoni.

È stata questa affermazione a scatenare grida e applausi all’interno dell’aula, da parte di una ventina di parenti che stavano assistendo al processo, interrompendo il dibattimento. Il presidente del Collegio, Valeria Costi, ha subito allontanato e fatto identificare dai carabinieri tutto il pubblico. "Nemmeno a Locri - ha detto il Pm durante il trambusto - ho visto scene di questo genere".  Martedì sono stati sentiti anche il barman della discoteca, e alcuni ragazzi che erano stati aggrediti: in un caso un ventisettenne era stato picchiato perché intervenuto in difesa di un ragazzo a sua volta picchiato da altri cinque, in un altro caso tre clienti del locale erano stati pretestuosamente accusati di aver rubato un Rolex, e per questo riempiti di botte. Una parte delle domande  ha poi cercato di mettere a fuoco  i componenti del gruppo protagonista di questi pestaggi, definiti da tutti "i calabresi": ad alcuni di loro, era concesso il "trattamento di amicizia" di non pagare le consumazioni. A Giuseppe Morabito, 31 anni di Cantù, è stato inoltre riconosciuto un ruolo autorevole: "Bastava la sua presenza a calmare gli animi", ha detto un barman.