Campione, ora l’idea è il turismo

Dopo il crac del Comune e del casinò, caccia alla strada del rilancio

Il casinò di Campione

Il casinò di Campione

Campione d'Italia (Como), 9 giugno 2018 - Anni di dipendenza della comunità dalla casa da gioco. E ora? Puntare sul territorio, sulle sue bellezze. Non trascurarle, valorizzarle, in qualche caso scoprirle. Antidoto alla crisi del casinò e all’ufficializzato dissesto del Comune. Più di un operatore di Campione canta sullo stesso spartito. Luca Barion è un veneto cordiale e attivo, dal 2015 direttore del Melià Campione, sorto sulle ceneri del Grand Hotel.

«Abbiamo vissuto le vicissitudini del paese e del casinò. Le conosciamo. Il casinò è un minimo garantito, fa conoscere il nome di Campione. Ma il posto ha enormi potenzialità dal punto di vista della sicurezza del vivere quotidiano, turistico, storico. Nel nostro piccolo, con le nostre quaranta camere, abbiamo cercato di dare un valore aggiunto, come per il progetto di educazione alimentare per le scuole o la piccola crociera sul lago con i giornalisti. Il nostro flusso è in crescita, una crescita fisiologica. Abbiamo chiuso il 2017 con 6.800 camere occupate durante l’anno e 14mila presenze. Tolte le 2.900 venute per il casinò, le altre 11mila erano qui per turismo». Pensieri? «La situazione non ci fa sentire sereni. Rat. Ho trista vedere il clima di attesa e di preoccupazione per quello che accadrà. Però, penso sempre che bisogna andare avantiimparato che bisogna credere nei fatti. Poi si vedrà cosa sarà necessario fare».

Bernard Fournier, chef stellato Michelin dello storico ristorante “da Candida” (dal 1886) ha una storia da raccontare e qualche sassolino da togliersi dalle scarpe. Francese della Lorena, uscito dalla scuola dei cuochi di Strasburgo, una moglie italiana, Adriana. Dopo avere tenuto un ristorante a Trento, è approdato a Campione nel 1992. «Nei primi anni che ero qui mi dicevo: ‘Questa dovrebbe essere una piccola Montecarlo’. Poi mi guardavo attorno e non vedevo un albergo, solo il casinò. Non era normale. Il casinò con i suoi 50mila metri quadri è il più grande d’Europa. Ma non si è adeguato ai tempi. Gli altri casinò lo hanno fatto, Campione no. Vado a Parigi e a Bruxelles e non sanno cos’è Campione. Ci si è messa di mezzo la politica, come per tante cose in Italia. Dieci anni fa, con il presidente Resca, ci eravamo capiti subito. È figlio di macellai, come me. Per il casinò aveva proposto un piano di ristrutturazione, dopo avere individuato 145 esuberi, di cui 95 sarebbero potuti andare in pensione da tanto tempo. Ha proseguito per diciotto mesi fino a quando non l’hanno bloccato. È andato a dirigere i musei nazionali. Pecca