Accoltellò il patrigno: "Socialmente pericolosa", ma da 5 anni è libera

L'aggressione nel 2013

La ventiseienne è stata a più riprese ricoverata in ospedale  e trattata con farmaci, ma la responsabilità è rimasta alla famiglia

La ventiseienne è stata a più riprese ricoverata in ospedale e trattata con farmaci, ma la responsabilità è rimasta alla famiglia

Como, 18 settembre 2018 - A cinque anni di distanza dall’aggressione, quando aveva ferito il suo patrigno con un coltello, è stata dichiarata incapace di intendere al momento dei fatti, ma allo stesso tempo socialmente pericolosa. Aprendo il problema, per ora non risolto, della sua collocazione in un luogo idoneo ad assisterla, ma soprattutto a evitare che compia ulteriori gesti violenti. È la conclusione a cui è giunto il perito psichiatrico Mario Lanfranconi, nominato dal giudice del Tribunale di Como, per decidere il destino di una ventiseienne di origine nigeriana. Nel luglio 2013 aveva aggredito il compagno della madre, un italiano con cui all’epoca conviveva, ferendolo ripetutamente alle mani e alla fronte. Ne era scaturita un’accusa di lesioni volontarie, finita davanti al giudice a dicembre dello scorso anno.

Per la giovane donna, assistita dall’avvocato Massimo Guarisco, si è posto un problema di valutazione del profilo psichiatrico, che ha portato a dichiararla schizofrenica, e quindi non processabile. Allo stesso tempo, il perito ha ravvisato un oggettivo pericolo sociale. In questi mesi, la ragazza è andata incontro a diversi ricoveri ospedalieri, e a trattamenti farmacologici per gestire le crisi psichiatriche, ma sempre rimandata a casa dai genitori, in attesa di trovare un posto in una struttura idonea, che mai si è reso disponibile. Il perito, nelle sue valutazioni, l’ha trovata tranquillizzata, ma allo stesso tempo capace di compiere gesti di forte imposizione sulle persone che avvicina, come approcciare un ragazzo alla stazione e obbligarlo ad andare a casa con lei per tenerle compagnia, aggrappandosi al suo braccio e impedendogli di divincolarsi. In ogni caso, rimane «affetta da uno dei disturbi psichiatrici più gravi, che si è manifestato attraverso riacutizzazioni più o meno correlate a sospensione della terapia, accompagnate da anomalia della condotta».

Un quadro che, se da un lato la dichiara incapace di intendere nel momento in cui aveva accoltellato il patrigno, dall’altro pone la necessità di un’assistenza mirata per la ragazza, impossibile del gestire a livello familiare. Inoltre, per quanto riguarda la pericolosità sociale, lo psichiatra conclude che il suo disturbo di schizofrenia ha inciso fortemente sul reato commesso, è passibile di recidive e comporta la tendenza ad agire «in modo discontrollato». Il perito conclude dunque che la ragazza dovrebbe essere collocata in regime di libertà vigilata in una struttura ad alta protezione. Ovviamente, viene anche consigliata più celerità possibile nell’individuare questo luogo in grado di accoglierla, ma riuscire a trovarlo sembra essere meno semplice del previsto. Così il giudice di Como Andrea Giudici ha dato tempo al difensore fino al 10 dicembre per indicare una struttura con le caratteristiche stabilite dal perito, che abbia disponibilità di un posto libero.