Lugano, 8 febbraio 2014 - Votano gli svizzeri ma a tremare sono i frontalieri, che domani vivranno il loro giorno più lungo mentre nella Confederazione i cittadini si esprimeranno nel referendum contro l’immigrazione di massa. Un testa a testa annunciato secondo gli ultimi sondaggi, malgrado la proposta sia stata già bocciata dal Consiglio Nazionale (per 140 voti contro 54) e dal Consiglio degli Stati (37 voti a 5), tanto che i promotori dell’Udc (ovvero gli esponenti di destra dell’Unione Democratica di Centro) e della Lega dei Ticinesi si fregano già le mani contando in un sorpasso sul fotofinish. Merito della campagna urlata delle ultime settimane, tutta giocata contro gli italiani che vengono in svizzera a rubare il lavoro. Dai tempi di “Pane e cioccolata” di Brusati dopo Chiasso sembra cambiato poco o nulla, anche se oggi i frontalieri fanno sempre meno i manovali e sempre di più i chirurghi e manager.

«Probabilmente questo è uno degli aspetti che molti svizzeri non vogliono accettare – spiega Luca Fonsdituri, che si occupa di frontalieri per la Cgil di Como – Se esiste un problema immigrazione lo si può risolvere trattando, non chiudendosi a riccio come minaccia di fare la Svizzera. Tra l’altro senza i frontalieri si fermeranno le fabbriche e non si risolverà il problema del dumping salariale, che spesso è alimentato proprio dagli imprenditori che stanno dietro questi partiti».

La soluzione c’è l’ha pronta Sergio Aureli dell’Unia, il sindacato dei lavoratori svizzeri diventato un riferimento anche per i 60mila frontalieri lombardi. «Occorre puntare sul salario minimo garantito – spiega – abbiamo già pronto il referendum che sottoporremo al voto il prossimo autunno. In Svizzera non esiste lo Statuto dei Lavoratori, in metà dei casi ci si regola con gli accordi collettivi, per l’altra metà con la trattativa individuale. In queste condizioni è il lavoratore la parte debole. E poi la Svizzera che commercializza i due terzi dei suoi prodotti nell’Ue non può tornare a una situazione ante-Schengen».

Contrario anche il Governo del Canton Ticino. «Il disagio della popolazione di fronte al crescere dell’immigrazione non mi stupisce, - spiega la consigliera federale Simonetta Sommaruga - ma se dovesse andare in porto l’iniziativa referendaria saranno le autorità e non i privati a poter decidere di quanti lavoratori stranieri la Svizzera ha bisogno. Un controllo centralizzato che in molti definiscono economia pianificata. L’iniziativa dell’Udc graverà sulle piccole e medie imprese, costrette ad adempimenti burocratici più pesanti. Ecco perché tutte le associazioni economiche e i 26 Cantoni sono contrari all’iniziativa referendaria».

di Roberto Canali